Dirigenti Rai da broadcaster a politicaster

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l'acero
00giovedì 14 gennaio 2010 15:31
di Dom Serafini
Si dice spesso che la tv italiana sia diventata brutta. I dirigenti si giustificano dicendo che loro danno ció che il pubblico vuole. Il pubblico reagisce tenendo in mano il telecomando ed il mouse del computer per navigare su internet.
Visto che il cliente (nel nostro caso il pubblico) ha sempre ragione, girerei la responsabilitá di una brutta tv direttamente ai dirigenti, siano questi di reti pubbliche che private.

Il problema, a mio avviso, è che, ai nostri giorni a fare la tv non sono piú i broadcaster, bensí i politicaster. É vero che la tv italiana è sempre stata policitizzata, ma una volta i dirigenti dedicavano solo parte del loro tempo alla politica e il restante a fare televisione.
Oggi, si stima che i direttori delle varie reti impieghino solo il 10% del tempo a fare tv e il resto per la politica, sia questa interna aziendale che esterna nazionale.
E questo lo si nota in particolar modo alle fiere della televisione internazionale come, ad esempio, il Mip-Tv di Cannes. Una volta era normale incontrare nei vari padiglioni delle fiere i direttori delle reti tv italiane, come del resto quelli delle altre reti tv di tutto il mondo.
Questi appuntamenti di lavoro erano importanti per conoscersi, scambiare opinioni, anticipare “trend”, scoprire le nuove produzioni, innovarsi e soprattutto per fare affari.

Con la iper-policitizzazione della tv italiana, i direttori di rete sono scomparsi dal circuito fieristico sia nazionale che internazionale, mentre quelli degli altri paesi sono piú attivi. Sembra che per i nuovi dirigenti Tv italiani mischiarsi con i colleghi internazionali non sia dignitoso, oppure é visto come una perdita di tempo, considerando che non portano “vantaggi” politici.
Eppure, i direttori di rete che partecipavano alle fiere ed erano parte dell'industria tv internazionale sono passati alla storia come grandi broadcaster, mentre quelli di oggi vanno e vengono senza lasciare traccia. Associazioni internazionali, come ad esempio, il “Club della Sauna” (chiamato cosí perché fondato dalle tv pubbliche scandinave) lamentano la mancanza di rappresentanza italiana alle loro riunioni e confermano che questa non appartiene piú al mondo tv.
Chi non ricorda personaggi come Carlo Fuscagni, direttore di RaiUno (1988-93); Giampaolo Sodano, direttore di RaiDue (1988-93) e Giuseppe Rossini, direttore di RaiTre (1979-86)?
Questi erano presenti a qualsiasi manifestazione internazionale, pronti non solo a rappresentare la Rai, ma anche l'Italia.

La leadership si vedeva anche a livello privato, con Roberto Giovalli a Rete 4 (1988-90), poi passato a TelePiú; Giorgio Gori a Canale 5 (1991-97) e Carlo Vetrugno a Italia1 (1997-99).
Quando Fininvest si lanció nel campo televisivo, non era insolito vedere Silvio Berlusconi seduto allo stand di Canale 5 o Mario Formenton della Mondadori a quello di Rete 4 (prima che fosse ceduta a Berlusconi).
Ai tempi d'oro della tv italiana, tutti i dirigenti facevano parte dell'industria dell'intrattenimento internazionale e l'Italia era al centro dell'attenzione mondiale con eventi come il Mifed (mercato dell'audiovisivo di Milano) ed il Prix Italia (festival Tv internazionale della Rai). Anche il loro approccio verso gli altri media era diverso, preferendo comparire nelle riviste del settore e stampa internazionale piú che in quella generalistica nazionale.

Chi non ricorda quando la tv italiana era celebrata ad Hollywood con le feste organizzate da Sodano a Los Angeles, in occasione degli L.A. Screenings, o a Las Vegas, durante la fiera Tv del Natpe? Seppur non portasse risultati immediati, questa visibilitá apportava risultati a lungo termine.
Questo, infatti era il periodo in cui ben 11 serie italiane, come “Marco Polo” e “Gesú di Nazzareth”, erano in onda sulle reti tv americane. Cosa mai piú vista.
Era il periodo in cui la tv internazionale onorava il direttore generale della Rai, Biagio Agnes, all'International Academy di New York e quando Renato Pachetti della Rai Corp. lanciava Rai International. Quando Rai e Mediaset chiamavano i potenti del mondo alla sede Onu di New York per farli partecipare alle loro conferenze.
Tutti questi dirigenti avevano un'anima politica, senza dubbio ed erano schierati senza che lo negassero, ma lo spirito del broadcaster predominava su quello del politicaster. Oggi accade il contrario ed i risultati son ben evidenti agli occhi dei critici e del pubblico in generale.
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