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13/05/2011 15:04 | |
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17/05/2011 20:52 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Le mosche
Gianfranco Ravasi
L'imam se ne stava seduto presso il trono del sultano. Quando questi s'assopiva, una mosca gli si posava sul viso ed egli si svegliava e si colpiva energicamente la faccia con uno scacciamosche. Esasperato, il sultano domandò all'imam: «Perché Dio ha creato le mosche?». Quegli rispose: «Dio ha creato le mosche affinché coloro che agiscono da despoti si sentano impotenti di fronte a un nonnulla e si castighino con le loro stesse mani».
Dalla raccolta Il vento del deserto racconta-, curata da Franco Ometto (Paoline) estraggo questo breve apologo dalla morale facile e adatta non solo ai sultani e ai potenti della terra. Viene, infatti, per tutti il momento in cui l'orgoglio sale e ci si illude di essere imbattibili. La ruota del pavone si allarga e ci fa procedere con la certezza di essere formidabili, poderosi, gagliardi, da tutti ammirati. La stessa salute ci convince che abbiamo di fronte anni e traguardi; il denaro ci assicura benessere e prosperità.
Ma ecco, all'improvviso, una mosca, cioè, fuor di metafora, quel piccolo intoppo che blocca l'ingranaggio: è una delusione in amore, una malattia seria, un tracollo finanziario. Inutile è reagire o agitarsi, anzi, può essere pericoloso smaniare per venirne fuori perché ti senti come sulle sabbie mobili e, più ti muovi, più affondi. Con molta semplicità e umiltà bisogna riconoscere di essere limitati, deboli, fragili, di essere insomma creature e non il Creatore.
C'è, quindi, un insegnamento di sapienza anche nel dolore o nell'insuccesso. E nel giorno del successo dobbiamo augurarci sempre una mosca che ci riporti alla nostra vera realtà.
Fonte -
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18/05/2011 23:16 | |
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20/05/2011 00:44 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Incarnazione-Passione < PASQUA > Morte-Risurrezione
«Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori»
(Is 53, 10)
“Ecce Homo" - Antonello da Messina (1475) - Collegio Alberoni, Piacenza
«Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne;
poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire
le opere del corpo, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito
da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro
spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo,
se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili
alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi»
(Rm 8, 12-18)
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20/05/2011 11:34 | |
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20/05/2011 23:09 | |
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21/05/2011 12:51 | |
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21/05/2011 22:41 | |
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22/05/2011 23:25 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Sottovoce
Gianfranco Ravasi
Porto negli occhi/ tre esili finestre/ sorelle del silenzio/ nel grembo di un'abside,/ fessure dell'infinito:/ spiano nella notte/ l'intenerirsi del cielo,/ sognano a occhi socchiusi/ il ritorno del Signore.
«Tornavamo dalla discoteca alle quattro di notte. Stanchi, filavamo a velocità sostenuta per una strada deserta di campagna. Tutt'intorno era buio; all'improvviso a lato vedemmo le vetrate della chiesa di un convento che erano illuminate.
Sembravano gli occhi della notte». Sono, più o meno, le parole che un giovane ha usato tempo fa per raccontarmi l'emozione di un giorno che per lui ha segnato una svolta e che l'ha condotto su una via ben diversa. Certo è che la preghiera nella notte, la veglia di una comunità, il bagliore di quelle finestre sono un piccolo ma toccante segno di trascendenza, di infinito, di mistero.È ciò che esprimono i versi che sono incastonati nel libro di un parroco milanese che mi è amico, Angelo Casati.
È, però, il titolo e il tema di quel libro che stimola la mia riflessione, La fede sottovoce (Paoline). Sì, oggi il parlare «sottovoce» è perdente, subissato com'è dall'urlato della polemica, della chiacchiera, della pubblicità. E, invece, il Signore al profeta Elia si presenta non nella folgore o nel terremoto o nel vento, ma in «una voce di silenzio sottile» (1 Re 19, 12).
Forse sono quelle «tre esili finestre/ sorelle del silenzio» a svelarci il Dio della pace e dell'amore.
Fonte -
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23/05/2011 14:38 | |
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24/05/2011 18:22 | |
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24/05/2011 19:50 | |
bestion famo un giochino di un ipotetico scenario
tu sei un prete ti vengono date due voci di un uomo e di una donna che vivono tranquillamente ma non sai chi sono
iniziamo con l'uomo
chi e' costui???? gesu non e' perche' non sei crepato!!! il grande non e' perche figurati parla con te rappresentera' gli uomini????quindi bisogna convertirlo portarlo sulla retta via senti delle cose poco "canoniche" bisogna per forza convertirlo poi ad un certo punto ti dice " " ma come non sai chi sono io!!!!! e gli tiri giu' tutti gli strumenti che hai a disposizione
la donna
la donna sicuramente e vita e' solo da ammirare e la vita che si evolve che progredisce
bestion tanto per capire chi amministra la grande fede dimentico qualcosa?????????????
non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira |
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25/05/2011 18:31 | |
Bestion., 20/05/2011 00.44:
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27/05/2011 14:29 | |
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27/05/2011 21:54 | |
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28/05/2011 18:52 | |
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29/05/2011 21:52 | |
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04/06/2011 21:07 | |
Bestion., 19/04/2011 12.49:
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06/06/2011 20:02 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Le tentazioni
Gianfranco Ravasi
Siamo forti contro le tentazioni forti. Contro le deboli, deboli. Non vale la pena, diciamo, fare gli eroi delle occasioncelle perdute.
Tempo addietro un mio conoscente che era amico di Mario Soldati, scrittore e regista morto tre anni fa in età patriarcale (era del 1906), mi regalò uno dei primi successi di questo autore, Lettere da Capri (1953). Leggendo quel libro avevo annotato questa frase che merita qualche considerazione.
Tutti sanno la battuta dello scrittore inglese Oscar Wilde: «Posso resistere a tutto tranne che alla tentazione»; o la sua variante: «Il solo mezzo per liberarsi dalla tentazione è cederle». È un motto di spirito che, però, molti hanno adottato come regola di vita.
Soldati va un po' oltre e ci ricorda un dato più frequente e non meno pericoloso, quello di resistere al peccato o al vizio grave, ma di lasciarsi andare alla debolezza veniale. È una sorta di deriva che ci fa trovare facili scuse per i piccoli difetti, che ci assolve da ogni imperfezione e che alla fine cancella tutta una serie di «peccatucci».
In realtà, in questo atteggiamento un po' superficiale è insito un rischio: ottundere lentamente la coscienza e reprimere i sussulti del rimorso per gli errori minori crea progressivamente una zona d'ombra che s'allarga e che, inesorabilmente, si estende anche al cuore della colpa, alla gravità della mancanza.
Come la maleducazione e la volgarità del tratto insensibilmente offuscano la dignità di una persona, così il cedimento alle piccole debolezze conduce a una più generale immoralità e disonestà.
Fonte -
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07/06/2011 14:51 | |
Bestion., 06/06/2011 20.02:
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09/06/2011 20:15 | |
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10/06/2011 16:41 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Il buon senso
Gianfranco Ravasi
Il buon senso c-era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.
E- un lettore di Monza a farmi notare che non ho mai proposto questa famosa frase dei Promessi Sposi di Manzoni. Giustamente lo scrittore distingueva tra «buon senso» e «senso comune» mettendoli in contrasto. Il primo, infatti, potrebbe essere ricondotto all-idea di «sapienza».
È, infatti, la capacità di esaminare persone, cose ed eventi con criterio e giudizio. E- la dote del discernimento e dell-assennatezza, è l-evitare gli estremi passionali, è lo schivare la faziosità, è l-equilibrio nel sapere giudicare e così via. Si tratta di un dono prezioso che il cristiano deve implorare dallo Spirito Santo, sorgente appunto dei doni di sapienza e di consiglio.In agguato, però, c-è una sorta di scimmiottatura del buon senso, il «senso comune» che si ammanta delle caratteristiche di criterio, equilibrio, assennatezza sopra evocate; in realtà è, invece, luogo comune, banalità, grettezza, perbenismo, meschinità, ipocrisia.
Il moralista francese del Seicento da noi spesso citato, La Rochefoucauld, nelle sue Massime descriveva così un aspetto di questo falso buon senso: «Raramente attribuiamo del buon senso ad altri, all-infuori di quelli che sono d-accordo con noi». Sì, perché il senso comune è spesso tirato in ballo a proprio vantaggio, è un mettere a proprio servizio la verità così da lasciarle le apparenze ma corrodendone la sostanza. Come Salomone nel giorno della sua incoronazione, chiediamo a Dio «un cuore che sappia sempre distinguere il bene dal male» (1 Re 3, 9).
È questo il vero «buon senso».
Fonte -
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10/06/2011 21:00 | |
dicci bestion
non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira |
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11/06/2011 11:29 | |
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11/06/2011 20:42 | |
... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Agitarsi
Gianfranco Ravasi
Ci sono al mondo soltanto due classi di uomini: quelli che hanno e quelli che guadagnano. I primi si coricano, gli altri si agitano.
Ieri parlavo di tre classi di persone definite dal Foscolo: i pochi che comandano, i tanti che servono, i molti che brigano. Voglio oggi continuare questa sorta di catalogazione con una nuova proposta. È un altro poeta a suggerirla, il francese Alfred de Vigny, più o meno contemporaneo di Foscolo.
Nell'opera autobiografica Servitù e grandezza militari sulla sua lunga esperienza di ufficiale, egli distingue tra i pochi che nascono ricchi o che accumulano presto grandi fortune e i tanti che devono arrabattarsi tutta la vita per guadagnare qualcosa e sopravvivere.In modo più brillante un altro francese, Nicolas de Chamfort, autore moralista del '700, distingueva tra «quelli che hanno più pranzi che appetito e quelli che hanno più appetito che pranzi».
Vorrei fissare l'attenzione su quel verbo, «agitarsi». Ovvio che sia giusto e doveroso impegnarsi per mantenersi e mantenere i propri familiari. Ma talvolta questo «agitarsi» diventa uno «smaniare»: non si ha mai tregua perché si vorrebbe sempre di più, perché si vorrebbe più del vicino, perché si vorrebbe più del necessario. E alla fine non è solo lo stress a colpirci ma la frenesia interiore a divorarci. Risuonano, allora, le parole di Gesù a Marta:
«Tu ti preoccupi e ti agiti per troppe cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno» (Luca 10, 41-42).
Fonte -
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