Nico Piro

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l'acero
00sabato 19 settembre 2009 11:48
Giornate lunghissime per lui in seguito all'attentato alle nostre truppe a Kabul


l'acero
00sabato 19 settembre 2009 11:48
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00sabato 19 settembre 2009 11:49
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00sabato 19 settembre 2009 11:49
l'acero
00giovedì 24 settembre 2009 10:34
Ho visitato il suo blog

www.nicopiro.it/

ho trovato degli scritti fatti veramente bene, profondi e molto interessanti per capire la vita dell'inviato. [SM=x44604]
l'acero
00domenica 15 novembre 2009 12:58
[SM=x44619] [SM=x44619] [SM=x44619] [SM=x44619]


l'acero
00mercoledì 20 gennaio 2010 09:26

Per i nottambuli, sabato su RaiTre alle 0.45 va in onda il mio reportage sulla guerra in Afghanistan "Ritorno a Kunar"

Della guerra in Afghanistan si parla sempre di più ma si tratta di un conflitto per lo più "invisibile" ai media, perchè si svolge in aree remote e spesso inaccessibili. Aree difficili da raggiungere, difese da aspre montagne o da deserti estremi, ma dove si gioca una partita cruciale per la nuova strategia di Obama, il presidente Obama che deciso di aumentare il coinvolgimento militare degli Stati Uniti in Afghanistan.

Dal 2008, Nico Piro e Gianfranco Botta del Tg3 stanno seguendo le operazioni militari americane nella strategica valle del fiume Pech, provincia di Kunar al confine con il Pakistan. "Ritorno a Kunar" racconta di bombardamenti, imboscat e, del conflitto con un nemico invisibile che "colpisce e scappa" mettendo in crisi la mastodontica macchina militare americana. Ma il reportage mostra anche luoghi bellissimi che sembrano fermi al Medio Evo, dei tentativi (la nuova strategia McChrystal) di vincere il supporto della popolazione civile.

Un documento esclusivo che sintetizza le difficoltà e le contraddizioni di quel conflitto, in alle 00.45 onda su RaiTre sabato 23 gennaio alle circa ad Agenda del Mondo, la rubrica di questioni internazionale del Tg3.


l'acero
00martedì 9 marzo 2010 12:41
Nico Piro e Mario Rossi vincono il Premio Carletti
nicopiro.wordpress.com/2010/03/08/la-trappola-vince-il-premio-c...



Per lo speciale “La Trappola”, realizzato con il collega telecineoperatore Mario Rossi, mi è stato assegnato il Premio Guido Carletti 2010 per la categoria tv.
Questa la motivazione della giuria:

Un reportage sull’ esodo degli afgani proposto con una sensibilità giornalistica che, oltre l’informazione, ci mostra questi uomini con i loro sentimenti e i loro sogni affinché ogni vita sia senza più recinzioni.

Nella sezione carta stampata ha invece vinto il collega Stefano Liberti de “il manifesto” con il suo articolo “Ritorno a Lampedusa”, il premio giovani giornalisti è andato a Simone Arminio per “In ricordo di Srebrenica”.

Ecco la sinossi ed il link al video:

“La Trappola” 2 maggio 2009]“La Trappola” 2 maggio 2009
www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-92c9fbf0-4fd1-4085-9e14-a491265649aa-tg3....
A Patrasso vivono in una grande baraccapoli in condizioni disumane ed ogni giorno provano scavalcare le recinzioni del porto e a nascondersi sotto ai Tir che si imbarcano per l’Italia. Sfidano le violenze della polizia greca, i rimpatriati forzati dai porti italiani e il rischio di morire travolti dal camion al cui pianale si sono agganciati sognando il resto d’Europa. In questo reportage del TG3 le loro storie, le loro condizioni di vita, la loro quotidiana sfida contro recinzioni e sorveglianza. Per le immagini di Mario Rossi.
Il campo profughi sarebbe stato distrutto un paio di mesi dopo la realizzazione di questo reportage


l'acero
00martedì 6 aprile 2010 10:23
La banalità della morte, in guerra
nicopiro.wordpress.com/2010/04/06/la-banalita-della-morte-in...


Come ho scritto più volte, la uso perchè è necessaria per farsi capire in un servizio magari di un minuto e quindici o in un pezzo di venti righe. Eppure odio la definizione “vittime civili”. Il fatto che un innocente, disarmato, che nulla ha a che fare con le parti in combattimento venga ucciso (magari si tratta anche di un bambino o di una donna, di un anziano non in età combattente) per è un segno di grande inciviltà, l’esatto opposto di quello che questa definizione “tutta-pulita” ci suggerisce. Al riguardo, oggi rilancio un video pubblicato poche ore fa da WikiLeaks un sito che si mette a disposizione di chi voglia diffondere “indiscrezioni” e “verità” su episodi politico-militari e similari, senza esporsi personalmente.

Nel video, registrato da uno degli Apache in servizio nel cielo di Baghdad nel 2007, si vede l’attacco ad un gruppo di civili – tra loro due stringer della Reuters, stimatissimi colleghi, le cui macchine fotografiche e telecamere (sempre lo stesso film no?) vengono scambiate per armi – è la scusa per avviare l’attacco.
Penso sia difficile immaginare persino i buchi che il cannoncino di bordo dell’Apache ha lasciato su quei corpi. Quando il convoglio di terra con bradley e humvee arriva sul posto troverà anche due bambini, feriti ma ancora in vita. Il contesto è quello di un colosso militare, quello americano, ormai sull’orlo di una crisi di nervi nel suo anno peggiore in Iraq, una guerra nel quale stava affondando dopo la scellerata invasione del 2003. Lo dico per dare il giusto contesto ad un video che altrimenti sembra venuto fuori da un videogioco. Dedicate 17 minuti a questa visione, ne vale la pena. E’ un grande esempio (reale) di quanto la morte in guerra possa essere “banale”, avvenire in un attimo, arrivare dall’alto senza nemmeno potersi chiedere “perchè proprio io?”.


CLICCA QUI PER IL VIDEO



Sul blog disponibili altri filmati
Bestion.
00martedì 6 aprile 2010 13:20
quando alcuni mass-media manipolano o non dicono tutta la verità ...



Nemmeno le migliaia di vittime nei mercati o quelle che attendono il bus hanno il tempo di chiedersi “perché proprio io?”, quando subiscono il repentino massacro da parte dei delinquenti kamikaze. E non lo sanno nemmeno gli innocenti bambini o i vecchi usati a scudo dai fanatici criminali del terrorismo!
Anche questo dunque, assieme ai troppo sistematici “errori” del fuoco amico, va sempre denunciato “per dare il giusto contesto”, non a filmati o videoclip allucinanti, ma all’orrore della violenza da qualsiasi parte essa provenga … (caro il Nostro sagace Piro & Co, ossia, squallidi manipolatori non solo del più becero antiamericanismo).





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l'acero
00venerdì 1 ottobre 2010 00:32
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00venerdì 1 ottobre 2010 00:32
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00venerdì 1 ottobre 2010 00:32
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00giovedì 10 marzo 2011 23:11
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00venerdì 18 marzo 2011 18:48
QUEL MARE DI UOMINI - Sabato ore 0.50 su RaiTre
Erano andati in Libia a cercar fortuna. Emigranti poverissimi venuti dall’Egitto, dal Sudan, dal Bangladesh.

Ora ad ondate, danno corpo alla marea umana che si infrange alla frontiera di Ras Jedir, in fuga dai combattimenti e dal panico che si diffonde in Libia.

Restano accampati per giorni nel deserto intorno alla frontiera tunisina, in condizioni drammatiche, da girone infernale.



Le organizzazioni internazionali parlano di catastrofe umanitaria, tsunami di profughi, loro si limitano solo a chiedere di tornare a casa. Ma la comunità internazionale (Italia compresa) è in ritardo se non assente e il campo di Sciùscia allestito dalle Nazioni Unite da campo di transito diventa la casa di ventimila persone.

Ad aiutarli ci sono solo i tunisini, l’esercito come centinaia di straordinari volontari, poveri che con gioia aiutano poverissimi



“Quel mare di uomini” è il reportage di Nico Piro per la fotografia di Gianfranco Botta che racconta la cronaca dei giorni più drammatici a Ras Jedir, racconta le storie di chi fugge e di chi arriva per aiutare. Una reportage per non dimenticare un dramma già cancellato dai media.



“Quel mare di uomini” di Nico Piro e Gianfranco Botta

Sabato 19 Marzo alle 0.50 (nella notte tra sabato e domenica) su RaiTre




l'acero
00lunedì 21 marzo 2011 15:30
l'acero
00domenica 11 settembre 2011 12:25
NICO PIRO


nicopiro.wordpress.com/2011/09/10/dieci-candeline-per-una...

Dieci candeline per una guerra


Se qualcuno vi dice “11 settembre”, voi a cosa pensate? Ci scommetto: alle immagini degli aerei che finiscono nelle torri gemelle. Troppo facile indovinare, del resto parliamo della tragedia più mediatizzata di sempre, una pagina di storia vissuta in diretta.

A questa domanda credo però sia giusto dare una risposta diversa: Afghanistan.
E non per “mania” monotematica ma perchè lo dicono i fatti. L’11 settembre è cominciato due giorni prima, in una delle più remote province afghane, quella di Takar, quando (il calendario segnava il 9 settembre) due uomini (presumibilmente) di Al Qaeda fecero saltare un ordigno nascosto in una telecamera e uccisero il comandate Massoud ovvero il loro avversario più pericoloso.
Si stavano preparando alla guerra perchè era chiaro che gli Stati Uniti non sarebbero rimasti a guardare dopo quelle che Al Qaida voleva fossero tragedie a New York e Washington.
Anni dopo, con Karzai sulla poltrona presidenziale, avremmo capito quanto letale fosse stata quella mossa per la stabilità futura del Paese.

La guerra puntualmente arrivò il 7 ottobre del 2001. Venne bombardato un Paese dove quasi nessuno sapeva cosa fossero e nemmeno dove fossero le torri gemelli.
I talebani vennero fatti a pezzi da missili e bombe a guida laser. I sopravvissuti finirono a soffocare nei container del signore della guerra Dostum, un altro criminale con il quale l’occidente stava facendo patti. Lo stesso occidente che, ritiratisi i russi, si era felicemente dimenticato dell’Afghanistan e della sua guerra civile (ben peggiore dell’occupazione sovietica) salvo provare a farci passare in mezzo un oleodotto con marchio di fabbrica americano.

Una guerra facile, le “cassandre” che ricordavano come quel Paese fosse noto come la “tomba degli imperi” vennero subito messe a tacere: una manciata di giorni, per arrivare in una capitale che puzzava perennemente di macerie e di rifiuti.
Ci volle un’altra guerra, basata sulle bugie delle armi di distruzione di massa, quella in Iraq, per dare l’occasione ai capi talebani rifugiatisi in Pakistan di riorganizzarsi.

Del resto a quel punto c’erano meno militari americani in Afghanistan che poliziotti a New York. La spirale della guerra cominciò ad avvitarsi, poche truppe sul terreno, molte bombe dal cielo ovvero vittime civili quindi l’odio della popolazione. Se nel frullatore afghano, metti le mancate promesse della ricostruzione ed un governo corrotto che fa rimpiangere il passato, ecco che ne viene fuori un gran pantano dal quale l’occidente a tutt’oggi non riesci a tirarsi fuori.

L’Afghanistan, lo sperduto Afghanistan, anche in questo nuovo secolo, è tornato ad essere il crovevia del mondo. Lo era stato quando si scontravano l’impero russo e quello britannico, quando si scontravano l’impero americano e quello sovietico o quando un macedone costruiva un nuovo ordine mondiale. Lo è ora che l’America ha perso il nemico di un tempo e si è trovato a combattere alla periferia di un pianeta, riscoperto circolare.

In dieci anni (ma le statistiche delle Nazioni Unite sono disponibili solo dal 2007) sono morti diecimila civili afghani e oltre duemilasettecento militari stranieri (41 erano italiani). Prima dell’aumento delle truppe voluto da Obama, la missione (solo quella americana) è costata 100 milioni di dollari al giorno. Oggi molto di più, contribuendo al tracollo del debito pubblico di Washington.
E Bin Laden? L’uomo per cui era cominciata questa guerra? L’uomo che avrebbero potuto prendere a Tora Bora se solo ci fossero stati più militari americani (70) che giornalisti (100)?
L’hanno ammazzato in Pakistan e per giunta lontano dal confine, a maggio di quest’anno. Ma sembra contare poco, la guerra continua e continuerà. Del resto era chiaro a tutti che Al Qaida c’entrava poco o nulla nella destabilizzazione dell’Afghanistan negli ultimi anni.

Ormai qualsiasi cosa faccia l’occidente è chiaro che nel 2014 l’Afghanistan verrà lasciato al suo destino ed è molto poco probabile che non ce la potrò fare viste le forze negative messe in moto in questi anni di guerra, morte, oppio, fiumi di denaro legale ed illegale.

L’Afghanistan deve essere dimenticato come le speranze sollevate in quel Paese dopo il 2001, dove sui tappeti si intessevano immagini di bombardieri americani che spazzavano via gli aguzzini del mullah Omar. Dimenticare, sembra essere questa l’unica via di uscita per l’occidente da una guerra che potrebbe durare altri dieci anni o forse più. Dimenticare, sembra questo l’ordine di scuderia del potere politico in occidente.
Dimenticare; anche per questo nel decimo anniversario dell’11 settembre penserete solo alle tremila povere vittime degli attacchi barbari al Pentagono, al volo United 93 e alle torri gemelle.
Dieci anni dopo, la guerra continua come il conto dei morti ammazzati in Afghanistan.
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