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La presenza di Dio

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2020 09:44
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12/04/2012 20:58
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna




«Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo,
il principio e la fine»

(Ap 22, 13)





Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore
conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre;
e offro la vita per le pecore.

E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste
io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno
un solo gregge e un solo pastore.

Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita,
per poi riprenderla di nuovo.

Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché
ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo.
Questo comando ho ricevuto dal Padre mio"


(Gv 10, 14-19)




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Bestion., 12/04/2012 20.57:



Parola & Eucaristia
Benedetto XVI






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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
13/04/2012 12:48
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna




«Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!»
(Gv 16, 33)





«Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire?
Padre, salvami da quest'ora?
Ma per questo sono giunto a quest'ora!
Padre, glorifica il tuo nome».


Venne allora una voce dal cielo:
«L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!».

La folla che era presente e aveva udito
diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano:

«Un angelo gli ha parlato».


Rispose Gesù:
«Questa voce non è venuta per me, ma per voi.
Ora è il giudizio di questo mondo;
ora il principe di questo mondo
sarà gettato fuori.
Io, quando sarò elevato da terra,
attirerò tutti a me».


Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.

Allora la folla gli rispose:

«Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno;
come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato?
Chi è questo Figlio dell'uomo?».


Gesù allora disse loro:
«Ancora per poco tempo la luce è con voi.
Camminate mentre avete la luce,
perché non vi sorprendano le tenebre;
chi cammina nelle tenebre non sa dove va.
Mentre avete la luce credete nella luce,
per diventare figli della luce».


Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.
Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro,
non credevano in lui; perché si adempisse

la Parola detta dal profeta Isaia:

"Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?"


E non potevano credere, per il fatto che
Isaia aveva detto ancora:

"Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore,
e si convertano e io li guarisca!"


Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui


(Gv 12, 27-41)




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Bestion., 12/04/2012 20.58:




«Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo,
il principio e la fine»

(Ap 22, 13)








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tornando a cose piu' serie [SM=x44599] [SM=x44600] [SM=x44600] se "gv 12,49" e la storia e' vera io inizierei a cercarmi il cassonetto [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600]
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14/04/2012 17:40
 
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Passaggio alla gioia eterna




«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto»

(Gv 12,24)




«Il Signore, pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre,
fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto
per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande parola:
Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (cfr. Is 50, 8).
Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto
il nemico, che ho messo sotto i piedi l’inferno, che ho
imbrigliato il forte e ho elevato l’uomo alle sublimità
del cielo; io, dice, sono il Cristo.

Venite, dunque, o genti tutte oppresse dai peccati,
e ricevete il perdono»


L’agnello immolato ci trasse
dalla morte alla vita

Dall’«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo
(Capp. 2-7; 100-103; SC 123, 60-64. 120-122)

Prestate bene attenzione, carissimi: il mistero della Pasqua è nuovo e antico, eterno e temporale, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale. Antico secondo la legge, nuovo secondo il Verbo; temporaneo nella figura, eterno nella grazia; corruttibile per l’immolazione dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sua sepoltura nella terra, immortale per la sua risurrezione dai morti.

La legge è antica, ma il Verbo è nuovo; temporale è la figura, eterna la grazia; corruttibile l’agnello, incorruttibile il Signore, che fu immolato come un agnello, ma risorse come Dio.
«Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53, 7). La similitudine è passata e ha trovato compimento la realtà espressa: invece di un agnello, Dio, l’uomo-Cristo, che tutto compendia.

Perciò l’immolazione dell’agnello, la celebrazione della Pasqua e la scrittura della legge ebbero per fine Cristo Gesù. Nell’antica legge tutto avveniva in vista di Cristo. Nell’ordine nuovo tutto converge a Cristo in una forma assai superiore.
La legge è divenuta il Verbo e da antica è fatta nuova, ma ambedue uscirono da Sion e da Gerusalemme. Il precetto si mutò in grazia, la figura in verità, l’agnello nel Figlio, la pecora nell’uomo e l’uomo in Dio.
Il Signore, pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande parola: Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (cfr. Is 50, 8). Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto il nemico, che ho messo sotto i piedi l’inferno, che ho imbrigliato il forte e ho elevato l’uomo alle sublimità del cielo; io, dice, sono il Cristo.

Venite, dunque, o genti tutte oppresse dai peccati, e ricevete il perdono. Sono io, infatti, il vostro perdono, io la Pasqua della redenzione, io l’Agnello immolato per voi, io il vostro lavacro, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Io vi porto in alto nei cieli. Io vi risusciterò e vi farò vedere il Padre che è nei cieli. Io vi innalzerò con la mia destra.



Fonte -


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15/04/2012 11:32
 
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Passaggio alla gioia eterna




«Rivestitevi del Signore Gesù Cristo
e non seguite la carne nei suoi desideri»

(Rm 13, 14)




«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù,
dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;
pensate alle cose di lassù,
non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!
Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi
sarete manifestati con lui nella gloria»


Nuova creatura in Cristo
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 8 nell’ottava di Pasqua 1, 4; PL 46, 838. 841)

Rivolgo la mia parola a voi, bambini appena nati, fanciulli in Cristo, nuova prole della Chiesa, grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro onore e frutto della nostra fatica, mio gaudio e mia corona, a voi tutti che siete qui saldi nel Signore.
Mi rivolgo a voi con le parole stesse dell’apostolo: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13, 14), perché vi rivestiate, anche nella vita, di colui del quale vi siete rivestiti per mezzo del sacramento. «Poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo, né Greco; non c’è più schiavo, né libero; non c’è più uomo, né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 27-28).

In questo sta proprio la forza del sacramento. È infatti il sacramento della nuova vita, che comincia in questo tempo con la remissione di tutti i peccati, e avrà il suo compimento nella risurrezione dei morti. Infatti siete stati sepolti insieme con Cristo nella morte per mezzo del battesimo, perché, come Cristo è risuscitato dai morti, così anche voi possiate camminare in una vita nuova (cfr. Rm 6, 4).
Ora poi camminate nella fede, per tutto il tempo in cui, dimorando in questo corpo mortale, siete come pellegrini lontani dal Signore. Vostra via sicura si è fatto colui al quale tendete, cioè lo stesso Cristo Gesù, che per voi si è degnato di farsi uomo.
Per coloro che lo temono ha riserbato tesori di felicità, che effonderà copiosamente su quanti sperano in lui, allorché riceveranno nella realtà ciò che hanno ricevuto ora nella speranza.

Oggi ricorre l’ottavo giorno della vostra nascita, oggi trova in voi la sua completezza il segno della fede, quel segno che presso gli antichi patriarchi si verificava nella circoncisione, otto giorni dopo la nascita al mondo. Perciò anche il Signore ha impresso il suo sigillo al suo giorno, che è il terzo dopo la passione. Esso però, nel ciclo settimanale, è l’ottavo dopo il settimo cioè dopo il sabato, e il primo della settimana. Cristo, facendo passare il proprio corpo dalla mortalità all’immortalità, ha contrassegnato il suo giorno con il distintivo della risurrezione.

Voi partecipate del medesimo mistero non ancora nella piena realtà, ma nella sicura speranza, perché avete un pegno sicuro, lo Spirito Santo. «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. (Col 3, 1-4)».



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ambasciator non porta pena
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P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna


«Pace a voi!»
(Gv 20, 19.21.26)




«La «pace» che Gesù offre ai suoi amici è il frutto dell’amore di Dio
che lo ha portato a morire sulla croce, a versare tutto il suo sangue,
come Agnello mite e umile, «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14).
Gesù è risorto, e da Lui vivo scaturiscono i Sacramenti pasquali
del Battesimo e dell’Eucaristia: chi si accosta ad essi
con fede riceve il dono della vita eterna»



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16/04/2012 12:07
 
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Passaggio alla gioia eterna




«Io ero morto, ma ora vivo per sempre
e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi»

(Ap 1, 18)




«Non è gran cosa sfuggire alla morte per breve tempo per colui che
è destinato a morire poco dopo, ma è certamente gran cosa
sottrarsi del tutto alla morte, come è accaduto a noi
per Cristo, per noi sacrificato come nostra Pasqua.

Perciò chiunque è veramente consapevole che la Pasqua venne
immolata per la sua salvezza, consideri inizio della sua
vita il momento in cui Cristo si è sacrificato per lui.
Conosciuto dunque questo, si affretti a inaugurare
una nuova vita, e non ritorni più
a quella vecchia e sorpassata»


La Pasqua spirituale
Dall’«Omelia sulla Pasqua» di un antico autore
(PG 59, 723-724)

La Pasqua che noi celebriamo è causa di salvezza per tutti, a cominciare dal primo uomo che è salvato e vivificato in tutti. Le cose imperfette e temporanee di un tempo, così come le antiche immagini e i simboli delle cose eterne, erano destinate ad adombrare quella verità, che attualmente si è compiuta. Ora che la verità è divenuta presente, il simbolo deve cederle il posto.
Accade come quando, arrivato il re, nessuno trascura il re vivo per inchinarsi ancora davanti ad una sua immagine. Da questo appare chiaro quanto il simbolo sia inferiore alla verità, perché il simbolo ricorda la breve esistenza dei primogeniti giudei, la verità, invece, la vita eterna di tutti gli uomini.
Non è gran cosa sfuggire alla morte per breve tempo per colui che è destinato a morire poco dopo, ma è certamente gran cosa sottrarsi del tutto alla morte, come è accaduto a noi per Cristo, per noi sacrificato come nostra Pasqua.
Il nome stesso della festa ci manifesta questo suo alto valore, se viene interpretato nel suo senso esatto. Pasqua infatti significa passaggio, perché l’angelo sterminatore, che faceva morire i primogeniti, passò oltre le case degli Ebrei. Ora il passaggio dello sterminatore si verifica veramente in noi, perché ci oltrepassa senza toccarci. In effetti Cristo ci ha risuscitati alla vita eterna.
Il tempo della Pasqua e della salvezza dei primogeniti era considerato inizio dell’anno. Cosa significa ciò sul piano mistico? Che anche per noi il sacrificio della vera Pasqua segna l’inizio della vita eterna. L’anno poi è il simbolo del mondo, perché è come il circolo che, nel suo girare, ritorna costantemente su se stesso senza trovare termine in nessun punto.
Il padre del mondo futuro, Cristo, venne sacrificato per noi quasi per annullare il tempo della nostra vita passata, e farcene incominciare una nuova. Infatti mediante il lavacro di rigenerazione ci ha resi partecipi della sua morte e risurrezione. Perciò chiunque è veramente consapevole che la Pasqua venne immolata per la sua salvezza, consideri inizio della sua vita il momento in cui Cristo si è sacrificato per lui. Riconosca fatta a suo beneficio quell’immolazione. Prenda coscienza e capisca che la vita e la grazia gli sono state conquistate a prezzo di un simile sacrificio.
Conosciuto dunque questo, si affretti a inaugurare una nuova vita, e non ritorni più a quella vecchia e sorpassata. Infatti «Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato?» (Rm 6, 2).



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Bestion., 16/04/2012 12.07:




«Io ero morto, ma ora vivo per sempre
e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi»

(Ap 1, 18)







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Passaggio alla gioia eterna




«Prendete il mio giogo sopra di voi
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore»

(Mt 11, 29)




«Come è vero che, non è proprio di questa vita, ma di quella eterna,
che Dio sia tutto in tutti, è anche vero che fin d’ora egli abita
inseparabilmente il suo tempio, che è la Chiesa.

Tutto quello che il Figlio di Dio ha fatto e ha insegnato per la riconciliazione del
mondo, non lo conosciamo soltanto dalla storia delle sue azioni passate,
ma lo sentiamo anche nell’efficacia di ciò che egli compie al presente.
È lui che, come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine
madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con
il soffio vitale dello stesso Spirito, perché mediante
la rinascita del battesimo, venga generata una
moltitudine innumerevole di figli di Dio»


Cristo vivente
nella sua Chiesa

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(Disc. 12 sulla passione, 3, 6, 7; PL 54, 355-357)

Carissimi, il Figlio di Dio ha assunto la natura umana con una unione così intima da essere l’unico e identico Cristo, non soltanto in colui che è il primogenito di ogni creatura, ma anche in tutti i suoi santi. E come non si può separare il Capo dalle membra, così le membra non si possono separare dal Capo.
E se è vero che, non è proprio di questa vita, ma di quella eterna, che Dio sia tutto in tutti, è anche vero che fin d’ora egli abita inseparabilmente il suo tempio, che è la Chiesa. Lo promise con le parole: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).
Tutto quello dunque che il Figlio di Dio ha fatto e ha insegnato per la riconciliazione del mondo, non lo conosciamo soltanto dalla storia delle sue azioni passate, ma lo sentiamo anche nell’efficacia di ciò che egli compie al presente.

È lui che, come è nato per opera dello Spirito Santo da una vergine madre, così rende feconda la Chiesa, sua Sposa illibata, con il soffio vitale dello stesso Spirito, perché mediante la rinascita del battesimo, venga generata una moltitudine innumerevole di figli di Dio. Di costoro è scritto: «Non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1, 13).
È in lui che viene benedetta la discendenza di Abramo e tutto il mondo riceve l’adozione divina. Il Patriarca diventa padre delle genti, ma i figli della promessa nascono dalla fede, non dalla carne.
È lui che, eliminando ogni discriminazione di popoli, e radunando tutti da ogni nazione, forma di tante pecorelle un solo gregge santo. Così ogni giorno compie quanto aveva già promesso, dicendo: «E ho altre pecore, che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce, e diventeranno un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10, 16).

Sebbene infatti egli dica particolarmente a Pietro: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 17), nondimeno tutta l’attività dei pastori è guidata e sorretta da lui solo, il Signore. È lui che, con pascoli ubertosi e ridenti, nutre tutti coloro che vengono a questa Pietra. Cosicché innumerevoli pecorelle, fortificate dalla sovrabbondanza dell’amore, non esitano ad affrontare la morte per la causa del loro Pastore, come egli, il buon Pastore, si è degnato di dare la propria vita per le stesse pecorelle.
Partecipi della sua passione sono non solo i martiri forti e gloriosi, ma anche i fedeli che rinascono, e già nell’atto stesso della loro rigenerazione.

È questo il motivo per cui la Pasqua viene celebrata, secondo la Legge, negli azzimi della purezza e della verità: la nuova creatura getta via il fermento della sua malvagità e si inebria e si nutre del Signore stesso.
La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati.



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lo sai bestion come vanno ste cose [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] la Chiesa e' Donna [SM=x44599] [SM=x44600]

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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
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PASQUA: passaggio alla gioia eterna

«Mio Signore e mio Dio!»



“Incredulità di san Tommaso" - Michelangelo Merisi da Caravaggio (1602-1603) - Potsdam, Bildergalerie Sanssouci

«Perché mi hai veduto, hai creduto:
beati quelli che pur non avendo visto crederanno!»

Gv 20, 28-29



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19/04/2012 12:29
 
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P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna




«Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera,
insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù»

(At 1,14)



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19/04/2012 12:31
 
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P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna




«Erano un cuor solo e un'anima sola»
(At 2, 42)




«Quella grazia che fece della Chiesa il corpo di Cristo, faccia sì che tutte le membra
della carità rimangano compatte e perseverino nell’unità del corpo. Sia questo
il dono di quello Spirito, che è l’unico Spirito del Padre e del Figlio.
Perché la Trinità è per sua natura santità e unità, uguaglianza e amore, la Trinità
è un solo e vero Dio, e unanime è l’azione santificatrice operata dalle tre
Persone in coloro che sono stati adottati come figli. Dio, infatti, mentre
custodisce per mezzo dello Spirito Santo il suo amore diffuso nella
Chiesa, fa della medesima un sacrificio a lui gradito. Possa essa
sempre ricevere la stessa grazia della carità spirituale e, così,
presentarsi sempre ostia viva, santa e gradita a Dio»


Sacramento di unità
e di carità

Dai «Libri a Mònimo» di san Fulgenzio di Ruspe, vescovo
(Lib. 2, 11-12; CCL 91, 46-48)

L’edificio spirituale del corpo di Cristo si costruisce nell’amore secondo le parole di san Pietro. Con le pietre vive si eleva un edificio spirituale per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 3, 5). Questa opera di costruzione spirituale mai diventa oggetto più appropriato di preghiera come quando il corpo stesso di Cristo, che è la Chiesa, offre il corpo e il sangue di Cristo nel sacramento del pane e del calice.

Infatti il calice che beviamo è la comunione del sangue di Cristo e il pane che spezziamo è la partecipazione del corpo del Signore; poiché vi è un solo pane, noi, pur essendo molti, formiamo un solo corpo; tutti infatti partecipiamo dell’unico pane (cfr. 1 Cor 10, 16-17).
Quella grazia che fece della Chiesa il corpo di Cristo, faccia sì che tutte le membra della carità rimangano compatte e perseverino nell’unità del corpo. Sia questa la nostra preghiera. Sia questo il dono di quello Spirito, che è l’unico Spirito del Padre e del Figlio. Perché la Trinità è per sua natura santità e unità, uguaglianza e amore, la Trinità è un solo e vero Dio, e unanime è l’azione santificatrice operata dalle tre Persone in coloro che sono stati adottati come figli. Ecco perché leggiamo: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5).

Lo Spirito Santo, che è unico del Padre e del Figlio, dando la grazia dell’adozione divina, opera i medesimi effetti descritti dagli Atti degli Apostoli per coloro che ricevevano lo Spirito Santo: «La moltitudine dei credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4, 32).
L’unico cuore infatti e l’unica anima della moltitudine di coloro che eran venuti alla fede in Dio li aveva operati l’unico Spirito che è del Padre e del Figlio, e con il Padre e il Figlio è un solo Dio.

L’Apostolo, scrivendo agli Efesini, dice che questa unità di spirito, nel vincolo della pace, deve essere conservata con cura: Io, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione cui siete stati chiamati, con ogni umiltà, dolcezza e pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito (cfr. Ef 4, 1-4). Dio, infatti, mentre custodisce per mezzo dello Spirito Santo il suo amore diffuso nella Chiesa, fa della medesima un sacrificio a lui gradito.
Possa essa sempre ricevere la stessa grazia della carità spirituale e, così, presentarsi sempre ostia viva, santa, gradita a Dio.



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19/04/2012 12:32
 
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P A S Q U A:
Passaggio alla gioia eterna




«Come è successo a Gesù, anche i discepoli incontrano opposizione,
incomprensione, persecuzione. Nella preghiera, la meditazione sulla
Sacra Scrittura alla luce del mistero di Cristo aiuta a leggere la
realtà presente all’interno della storia di salvezza che Dio attua
nel mondo, sempre nel suo modo. E questo è il frutto della
preghiera corale che la comunità cristiana innalza a Dio:
l’effusione dello Spirito, dono del Risorto che sostiene e
guida l’annuncio libero e coraggioso della Parola di
Dio, che spinge i discepoli del Signore ad uscire
senza paura per portare la buona novella
fino ai confini del mondo»



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19/04/2012 12:33
 
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Passaggio alla gioia eterna




«Signore, insegnaci a pregare»
(Lc 11, 1)




«Anche noi dobbiamo saper portare gli avvenimenti della nostra vita
quotidiana nella nostra preghiera, per ricercarne il significato profondo.
E come la prima comunità cristiana, anche noi, lasciandoci illuminare
dalla Parola di Dio, attraverso la meditazione sulla Sacra Scrittura,
possiamo imparare a vedere che Dio è presente nella nostra vita,
presente anche e proprio nei momenti difficili, e che tutto
- anche le cose incomprensibili - fa parte di un superiore
disegno di amore nel quale la vittoria finale sul male,
sul peccato e sulla morte è veramente quella
del bene, della grazia, della vita, di Dio.

Come per la prima comunità cristiana, la preghiera ci aiuta a
leggere la storia personale e collettiva nella prospettiva
più giusta e fedele, quella di Dio»


La preghiera
della Chiesa

Benedetto XVI

Dopo le grandi feste, ritorniamo adesso alle catechesi sulla preghiera. Nell’udienza prima della Settimana Santa ci siamo soffermati sulla figura della Beata Vergine Maria, presente in mezzo agli Apostoli in preghiera nel momento in cui attendevano la discesa dello Spirito Santo. Un’atmosfera orante accompagna i primi passi della Chiesa. La Pentecoste non è un episodio isolato, poiché la presenza e l’azione dello Spirito Santo guidano e animano costantemente il cammino della comunità cristiana. Negli Atti degli Apostoli, infatti, san Luca, oltre a raccontare la grande effusione avvenuta nel Cenacolo cinquanta giorni dopo la Pasqua (cfr At 2,1-13), riferisce di altre irruzioni straordinarie dello Spirito Santo, che ritornano nella storia della Chiesa. E quest’oggi desidero soffermarmi su quella che è stata definita la «piccola Pentecoste», verificatasi al culmine di una fase difficile nella vita della Chiesa nascente.

Gli Atti degli Apostoli narrano che, in seguito alla guarigione di un paralitico presso il Tempio di Gerusalemme (cfr At 3,1-10), Pietro e Giovanni vennero arrestati (cfr At 4,1) perché annunciavano la Risurrezione di Gesù a tutto il popolo (cfr At 3,11-26). Dopo un processo sommario, furono rimessi in libertà, raggiunsero i loro fratelli e raccontarono quanto avevano dovuto subire a causa della testimonianza resa a Gesù il Risorto. In quel momento, dice san Luca, «tutti unanimi innalzarono la loro voce a Dio» (At 4,24). Qui san Luca riporta la più ampia preghiera della Chiesa che troviamo nel Nuovo Testamento, alla fine della quale, come abbiamo sentito, «il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati dello Spirito Santo e proclamavano la Parola di Dio con franchezza» (At 4,31).

Prima di considerare questa bella preghiera, notiamo un atteggiamento di fondo importante: di fronte al pericolo, alla difficoltà, alla minaccia, la prima comunità cristiana non cerca di fare analisi su come reagire, trovare strategie, come difendersi, quali misure adottare, ma, davanti alla prova, si mette in preghiera, prende contatto con Dio.

E che caratteristica ha questa preghiera? Si tratta di una preghiera unanime e concorde dell’intera comunità, che fronteggia una situazione di persecuzione a causa di Gesù. Nell’originale greco san Luca usa il vocabolo «homothumadon» - «tutti insieme», «concordi» – un termine che appare in altre parti degli Atti degli Apostoli per sottolineare questa preghiera perseverante e concorde (cfr At 1,14; 2,46). Questa concordia è l'elemento fondamentale della prima comunità e dovrebbe essere sempre fondamentale per la Chiesa. Non è allora solo la preghiera di Pietro e di Giovanni, che si sono trovati nel pericolo, ma di tutta la comunità, perché quanto vivono i due Apostoli non riguarda soltanto loro, ma tutta la Chiesa. Di fronte alle persecuzioni subite a causa di Gesù, la comunità non solo non si spaventa e non si divide, ma è profondamente unita nella preghiera, come una sola persona, per invocare il Signore. Questo, direi, è il primo prodigio che si realizza quando i credenti sono messi alla prova a causa della loro fede: l’unità si consolida, invece di essere compromessa, perché è sostenuta da una preghiera incrollabile. La Chiesa non deve temere le persecuzioni che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre, come Gesù al Getsemani, nella presenza, nell’aiuto e nella forza di Dio, invocato nella preghiera.

Facciamo un passo ulteriore: che cosa chiede a Dio la comunità cristiana in questo momento di prova? Non chiede l’incolumità della vita di fronte alla persecuzione, né che il Signore ripaghi coloro che hanno incarcerato Pietro e Giovanni; chiede solamente che le sia concesso «di proclamare con tutta franchezza» la Parola di Dio (cfr At 4,29), cioè prega di non perdere il coraggio della fede, il coraggio di annunciare la fede. Prima però cerca di comprendere in profondità ciò che è accaduto, cerca di leggere gli avvenimenti alla luce della fede e lo fa proprio attraverso la Parola di Dio, che ci fa decifrare la realtà del mondo.

Nella preghiera che eleva al Signore, la comunità parte dal ricordare e invocare la grandezza e immensità di Dio: «Signore, tu che hai creato il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano» (At 4,24). E' l'invocazione al Creatore: sappiamo che tutto viene da Lui, che tutto è nelle sue mani. Questa è la consapevolezza che ci dà certezza e coraggio: tutto viene da Lui, tutto è nelle sue mani. Passa poi a riconoscere come Dio abbia agito nella storia - quindi comincia con la creazione e continua nella storia -, come è stato vicino al suo popolo mostrandosi un Dio che si interessa dell’uomo, che non si è ritirato, che non abbandona l’uomo sua creatura; e qui viene citato esplicitamente il Salmo 2, alla luce del quale viene letta la situazione di difficoltà che sta vivendo in quel momento la Chiesa. Il Salmo 2 celebra l’intronizzazione del re di Giuda, ma si riferisce profeticamente alla venuta del Messia, contro il quale nulla potranno fare la ribellione, la persecuzione, il sopruso degli uomini: «Perché le nazioni si agitarono e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo» (At 4,25).
Questo dice già profeticamente il Salmo sul Messia, ed è caratteristica in tutta la storia questa ribellione dei potenti contro la potenza di Dio. Proprio leggendo la Sacra Scrittura, che è Parola di Dio, la comunità può dire a Dio nella sua preghiera: «davvero in questa città … si sono radunati insieme contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse» (At 4,27). Ciò che è accaduto viene letto alla luce di Cristo, che è la chiave per comprendere anche la persecuzione; la Croce, che sempre è la chiave per la Risurrezione. L’opposizione verso Gesù, la sua Passione e Morte, vengono rilette, attraverso il Salmo 2, come attuazione del progetto di Dio Padre per la salvezza del mondo. E qui si trova anche il senso dell’esperienza di persecuzione che la prima comunità cristiana sta vivendo; questa prima comunità non è una semplice associazione, ma una comunità che vive in Cristo; pertanto, ciò che le accade fa parte del disegno di Dio. Come è successo a Gesù, anche i discepoli incontrano opposizione, incomprensione, persecuzione. Nella preghiera, la meditazione sulla Sacra Scrittura alla luce del mistero di Cristo aiuta a leggere la realtà presente all’interno della storia di salvezza che Dio attua nel mondo, sempre nel suo modo.

Proprio per questo la richiesta che la prima comunità cristiana di Gerusalemme formula a Dio nella preghiera non è quella di essere difesa, di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza, non è la preghiera di avere successo, ma solamente quella di poter proclamare con «parresia», cioè con franchezza, con libertà, con coraggio, la Parola di Dio (cfr At 4,29).

Aggiunge poi la richiesta che questo annuncio sia accompagnato dalla mano di Dio, perché si compiano guarigioni, segni, prodigi (cfr At 4,30), cioè sia visibile la bontà di Dio, come forza che trasformi la realtà, che cambi il cuore, la mente, la vita degli uomini e porti la novità radicale del Vangelo.

Alla fine della preghiera – annota san Luca - «il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza» (At 4,31), il luogo tremò, cioè la fede ha la forza di trasformare la terra e il mondo. Lo stesso Spirito che ha parlato per mezzo del Salmo 2 nella preghiera della Chiesa, irrompe nella casa e ricolma il cuore di tutti coloro che hanno invocato il Signore. Questo è il frutto della preghiera corale che la comunità cristiana innalza a Dio: l’effusione dello Spirito, dono del Risorto che sostiene e guida l’annuncio libero e coraggioso della Parola di Dio, che spinge i discepoli del Signore ad uscire senza paura per portare la buona novella fino ai confini del mondo.

Anche noi, cari fratelli e sorelle, dobbiamo saper portare gli avvenimenti della nostra vita quotidiana nella nostra preghiera, per ricercarne il significato profondo. E come la prima comunità cristiana, anche noi, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio, attraverso la meditazione sulla Sacra Scrittura, possiamo imparare a vedere che Dio è presente nella nostra vita, presente anche e proprio nei momenti difficili, e che tutto - anche le cose incomprensibili - fa parte di un superiore disegno di amore nel quale la vittoria finale sul male, sul peccato e sulla morte è veramente quella del bene, della grazia, della vita, di Dio.

Come per la prima comunità cristiana, la preghiera ci aiuta a leggere la storia personale e collettiva nella prospettiva più giusta e fedele, quella di Dio. E anche noi vogliamo rinnovare la richiesta del dono dello Spirito Santo, che scaldi il cuore e illumini la mente, per riconoscere come il Signore realizzi le nostre invocazioni secondo la sua volontà di amore e non secondo le nostre idee. Guidati dallo Spirito di Gesù Cristo, saremo capaci di vivere con serenità, coraggio e gioia ogni situazione della vita e con san Paolo vantarci «nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza la virtù provata e la virtù provata la speranza»: quella speranza che «non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,3-5).



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Bestion., 19/04/2012 12.33:



«Signore, insegnaci a pregare»
(Lc 11, 1)






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Bestion., 19/04/2012 12.33:


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Passaggio alla gioia eterna




«Come il Padre ha mandato me,
anch'io mando voi»

(Gv 20, 21)




«Le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa
da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in
Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è
unico in tutto l’universo, così la predicazione della verità brilla
ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla
conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono
le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da
questa, perché nessuno è al di sopra
del suo Maestro»


La proclamazione
della verità

Dal trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo
(Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554)

La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo, la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa accolse la fede nell’unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: e cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per «ricapitolare tutte le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile, «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tutti il suo giudizio insindacabile.

Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un’unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all’unisono, come possedesse un’unica bocca.
Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l’universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.

Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il facondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla.



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