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La presenza di Dio

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2020 09:44
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Bestion., 11/06/2011 20.42:



Agitarsi




[SM=x44599] agitarsi!!!!!!!!! per cosa??????? non serve a niente [SM=x44600]poi piu si riempiono piu' piu' sara' bello e lungo svuotare [SM=x44603] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44602] [SM=x44602] e poi l'importante e' essere migliore [SM=x44599] [SM=x44600] esempio uno ti dice "tu non puoi che andare in buca" tu gli rispondi "tu non puoi che andare" [SM=x44598] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602]
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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
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14/06/2011 23:55
 
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[SM=x44613] [SM=x44613] sai bestion stavo pensando alla "cosa" di roma certo che nell'apparenza sembrano cosi' mansueti [SM=x44598] [SM=x44599] pero' gia' il fatto che dicano "noi andiamo per questa strada e' siamo pronti al martirio" [SM=x44603] [SM=x44602] [SM=x44602] li rende molto pericolosi [SM=x44599] [SM=x44598] [SM=x44600]
non trovi???? [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613]
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anche perché la MORTE non accetta una lira
15/06/2011 17:47
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


Quelli che brigano
Gianfranco Ravasi

In tutti i paesi ho veduto gli uomini sempre di tre sorta: i pochi che comandano; l'universalità che serve; e i molti che brigano.

M'imbatto in questa considerazione desunta dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo leggendo un articolo e cedo alla tentazione di trasmetterla ai miei lettori. Che pochi comandino e tutti gli altri servano è abbastanza scontato; più curiosa è la delimitazione della classe dei «molti che brigano».
Il verbo è un po' vetusto e forse non a tutti perspicuo: sostituiamolo coi suoi sinonimi, «intrigare, trafficare, intrallazzare» è così via. Il termine che rende più l'idea è forse il realistico «intrallazzare» che spesso sconfina nel puro e semplice «imbrogliare».E' questa una malattia della società: essa, certo, ha un alibi quando il potere è prevaricante, la burocrazia asfissiante, il sistema opprimente.

Tuttavia, il più delle volte il darsi da fare per il proprio tornaconto o successo è semplicemente un vizio, un inganno, non di rado un furto o una violenza sottilmente celati sotto tanti pretesti e scuse (non per nulla da «brigare» deriva «brigante»!). La tentazione all'intrigo, all'ingegnarsi solo per sé, alle astuzie da farabutto purtroppo lambisce un po' tutti almeno una volta in vita, in tutte le professioni e in tutte le situazioni.

Per questo vale il monito della Bibbia: «Non invidiare i mascalzoni e non imitare la loro condotta perché Dio li detesta» (Proverbi 3, 31-32).



Fonte -


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Bestion., 15/06/2011 17.47:



Quelli che brigano



[SM=x44599] [SM=x44600] se proprio vogliamo citare i proverbi e' meglio "vivi e lascia vivere" [SM=x44599] [SM=x44613] solo che c'e' un principio [SM=x44613] mi pare il 3 principio della stufa [SM=x44598] "una stufa rimane ferma finche' non schiacci il bottone" [SM=x44598] [SM=x44600]
eeehh!!! bestion mi sa' che vogliono fare i servi e gli fa' fare i servi [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606]
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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
16/06/2011 09:29
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!






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16/06/2011 09:30
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


«Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro,
o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.»

(Mt 6, 24)


“Il profeta Elia" - Daniele da Volterra (1550-1560) - Sammlung Pannocchieschi d'Elci, Siena


«Dove scompare Dio, l'uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato,
nel nostro tempo, i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nichilismo,
che rendono l'uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano.»


Dove scompare Dio
l'uomo è schiavo delle idolatrie

Benedetto XVI

Nella storia religiosa dell’antico Israele, grande rilevanza hanno avuto i profeti con il loro insegnamento e la loro predicazione. Tra di essi, emerge la figura di Elia, suscitato da Dio per portare il popolo alla conversione. Il suo nome significa «il Signore è il mio Dio» ed è in accordo con questo nome che si snoda la sua vita, tutta consacrata a provocare nel popolo il riconoscimento del Signore come unico Dio. Di Elia il Siracide dice: «E sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (Sir 48,1). Con questa fiamma Israele ritrova il suo cammino verso Dio. Nel suo ministero, Elia prega: invoca il Signore perché riporti alla vita il figlio di una vedova che lo aveva ospitato (cfr 1Re 17,17-24), grida a Dio la sua stanchezza e la sua angoscia mentre fugge nel deserto ricercato a morte dalla regina Gezabele (cfr 1Re 19,1-4), ma è soprattutto sul monte Carmelo che si mostra in tutta la sua potenza di intercessore quando, davanti a tutto Israele, prega il Signore perché si manifesti e converta il cuore del popolo. È l’episodio narrato nel capitolo 18 del Primo Libro dei Re, su cui oggi ci soffermiamo.

Ci troviamo nel regno del Nord, nel IX secolo a.C., al tempo del re Acab, in un momento in cui in Israele si era creata una situazione di aperto sincretismo. Accanto al Signore, il popolo adorava Baal, l’idolo rassicurante da cui si credeva venisse il dono della pioggia e a cui perciò si attribuiva il potere di dare fertilità ai campi e vita agli uomini e al bestiame. Pur pretendendo di seguire il Signore, Dio invisibile e misterioso, il popolo cercava sicurezza anche in un dio comprensibile e prevedibile, da cui pensava di poter ottenere fecondità e prosperità in cambio di sacrifici. Israele stava cedendo alla seduzione dell’idolatria, la continua tentazione del credente, illudendosi di poter «servire a due padroni» (cfr Mt 6,24; Lc 16,13), e di facilitare i cammini impervi della fede nell’Onnipotente riponendo la propria fiducia anche in un dio impotente fatto dagli uomini.

È proprio per smascherare la stoltezza ingannevole di tale atteggiamento che Elia fa radunare il popolo di Israele sul monte Carmelo e lo pone davanti alla necessità di operare una scelta: «Se il Signore è Dio, seguiteLo. Se invece lo è Baal, seguite lui» (1Re 18, 21). E il profeta, portatore dell’amore di Dio, non lascia sola la sua gente davanti a questa scelta, ma la aiuta indicando il segno che rivelerà la verità: sia lui che i profeti di Baal prepareranno un sacrificio e pregheranno, e il vero Dio si manifesterà rispondendo con il fuoco che consumerà l’offerta. Comincia così il confronto tra il profeta Elia e i seguaci di Baal, che in realtà è tra il Signore di Israele, Dio di salvezza e di vita, e l’idolo muto e senza consistenza, che nulla può fare, né in bene né in male (cfr Ger 10,5). E inizia anche il confronto tra due modi completamente diversi di rivolgersi a Dio e di pregare.

I profeti di Baal, infatti, gridano, si agitano, danzano saltando, entrano in uno stato di esaltazione arrivando a farsi incisioni sul corpo, «con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue» (1Re 18,28). Essi fanno ricorso a loro stessi per interpellare il loro dio, facendo affidamento sulle proprie capacità per provocarne la risposta. Si rivela così la realtà ingannatoria dell’idolo: esso è pensato dall’uomo come qualcosa di cui si può disporre, che si può gestire con le proprie forze, a cui si può accedere a partire da se stessi e dalla propria forza vitale. L’adorazione dell’idolo invece di aprire il cuore umano all’Alterità, ad una relazione liberante che permetta di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo per accedere a dimensioni di amore e di dono reciproco, chiude la persona nel cerchio esclusivo e disperante della ricerca di sé. E l’inganno è tale che, adorando l’idolo, l’uomo si ritrova costretto ad azioni estreme, nell’illusorio tentativo di sottometterlo alla propria volontà. Perciò i profeti di Baal arrivano fino a farsi del male, a infliggersi ferite sul corpo, in un gesto drammaticamente ironico: per avere una risposta, un segno di vita dal loro dio, essi si ricoprono di sangue, ricoprendosi simbolicamente di morte.

Ben altro atteggiamento di preghiera è invece quello di Elia. Egli chiede al popolo di avvicinarsi, coinvolgendolo così nella sua azione e nella sua supplica. Lo scopo della sfida da lui rivolta ai profeti di Baal era di riportare a Dio il popolo che si era smarrito seguendo gli idoli; perciò egli vuole che Israele si unisca a lui, diventando partecipe e protagonista della sua preghiera e di quanto sta avvenendo. Poi il profeta erige un altare, utilizzando, come recita il testo, «dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: “Israele sarà il tuo nome”» (v. 31). Quelle pietre rappresentano tutto Israele e sono la memoria tangibile della storia di elezione, di predilezione e di salvezza di cui il popolo è stato oggetto. Il gesto liturgico di Elia ha una portata decisiva; l’altare è luogo sacro che indica la presenza del Signore, ma quelle pietre che lo compongono rappresentano il popolo, che ora, per la mediazione del profeta, è simbolicamente posto davanti a Dio, diventa “altare”, luogo di offerta e di sacrificio.

Ma è necessario che il simbolo diventi realtà, che Israele riconosca il vero Dio e ritrovi la propria identità di popolo del Signore. Perciò Elia chiede a Dio di manifestarsi, e quelle dodici pietre che dovevano ricordare a Israele la sua verità servono anche a ricordare al Signore la sua fedeltà, a cui il profeta si appella nella preghiera. Le parole della sua invocazione sono dense di significato e di fede: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!» (vv. 36-37; cfr Gen 32, 36-37). Elia si rivolge al Signore chiamandolo Dio dei Padri, facendo così implicita memoria delle promesse divine e della storia di elezione e di alleanza che ha indissolubilmente unito il Signore al suo popolo. Il coinvolgimento di Dio nella storia degli uomini è tale che ormai il suo Nome è inseparabilmente connesso a quello dei Patriarchi e il profeta pronuncia quel Nome santo perché Dio ricordi e si mostri fedele, ma anche perché Israele si senta chiamato per nome e ritrovi la sua fedeltà. Il titolo divino pronunciato da Elia appare infatti un po’ sorprendente. Invece di usare la formula abituale, “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, egli utilizza un appellativo meno comune: «Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele». La sostituzione del nome “Giacobbe” con “Israele” evoca la lotta di Giacobbe al guado dello Yabboq con il cambio del nome a cui il narratore fa esplicito riferimento (cfr Gen 32,31) e di cui ho parlato in una delle scorse catechesi. Tale sostituzione acquista un significato pregnante all’interno dell’invocazione di Elia. Il profeta sta pregando per il popolo del regno del Nord, che si chiamava appunto Israele, distinto da Giuda, che indicava il regno del Sud. E ora, questo popolo, che sembra aver dimenticato la propria origine e il proprio rapporto privilegiato con il Signore, si sente chiamare per nome mentre viene pronunciato il Nome di Dio, Dio del Patriarca e Dio del popolo: «Signore, Dio […] d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele».

Il popolo per cui Elia prega è rimesso davanti alla propria verità, e il profeta chiede che anche la verità del Signore si manifesti e che Egli intervenga per convertire Israele, distogliendolo dall’inganno dell’idolatria e portandolo così alla salvezza. La sua richiesta è che il popolo finalmente sappia, conosca in pienezza chi davvero è il suo Dio, e faccia la scelta decisiva di seguire Lui solo, il vero Dio. Perché solo così Dio è riconosciuto per ciò che è, Assoluto e Trascendente, senza la possibilità di mettergli accanto altri dèi, che Lo negherebbero come assoluto, relativizzandoLo. È questa la fede che fa di Israele il popolo di Dio; è la fede proclamata nel ben noto testo dello Shema‘ Israel: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze» (Dt 6,4-5). All’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore. Ed è proprio per il cuore del suo popolo che il profeta con la sua preghiera sta implorando conversione: «questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!» (1Re 18,37). Elia, con la sua intercessione, chiede a Dio ciò che Dio stesso desidera fare, manifestarsi in tutta la sua misericordia, fedele alla propria realtà di Signore della vita che perdona, converte, trasforma.

Ed è ciò che avviene: «Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: “Il Signore è Dio, il Signore è Dio”» (vv. 38-39). Il fuoco, questo elemento insieme necessario e terribile, legato alle manifestazioni divine del roveto ardente e del Sinai, ora serve a segnalare l’amore di Dio che risponde alla preghiera e si rivela al suo popolo. Baal, il dio muto e impotente, non aveva risposto alle invocazioni dei suoi profeti; il Signore invece risponde, e in modo inequivocabile, non solo bruciando l’olocausto, ma persino prosciugando tutta l’acqua che era stata versata intorno all’altare. Israele non può più avere dubbi; la misericordia divina è venuta incontro alla sua debolezza, ai suoi dubbi, alla sua mancanza di fede. Ora, Baal, l’idolo vano, è vinto, e il popolo, che sembrava perduto, ha ritrovato la strada della verità e ha ritrovato se stesso.

Cari fratelli e sorelle, che cosa dice a noi questa storia del passato? Qual è il presente di questa storia? Innanzitutto è in questione la priorità del primo comandamento: adorare solo Dio. Dove scompare Dio, l'uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato, nel nostro tempo, i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l'uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano. Secondo. Lo scopo primario della preghiera è la conversione: il fuoco di Dio che trasforma il nostro cuore e ci fa capaci di vedere Dio e così di vivere secondo Dio e di vivere per l'altro. E il terzo punto. I Padri ci dicono che anche questa storia di un profeta è profetica, se - dicono – è ombra del futuro, del futuro Cristo; è un passo nel cammino verso Cristo. E ci dicono che qui vediamo il vero fuoco di Dio: l'amore che guida il Signore fino alla croce, fino al dono totale di sé. La vera adorazione di Dio, allora, è dare se stesso a Dio e agli uomini, la vera adorazione è l'amore. E la vera adorazione di Dio non distrugge, ma rinnova, trasforma. Certo, il fuoco di Dio, il fuoco dell'amore brucia, trasforma, purifica, ma proprio così non distrugge, bensì crea la verità del nostro essere, ricrea il nostro cuore. E così, realmente vivi per la grazia del fuoco dello Spirito Santo, dell'amore di Dio, siamo adoratori in spirito e in verità. Grazie.



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Bestion., 16/06/2011 09.30:



«Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro,
o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona.»



[SM=x44629] [SM=x44629] [SM=x44629] [SM=x44629] [SM=x44629] mah!!!!! sai che mi ha sempre affascinato sta cosa!!!!!!!!!!!!! [SM=x44644] [SM=x44644] [SM=x44644] [SM=x44644] [SM=x44644]
bestion ma un prete [SM=x44599] (chiamarlo sacerdote [SM=x44605] [SM=x44605] )della santita' della tua cosa [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602]
chi serve????????????????????????????? [SM=x44607] [SM=x44607] [SM=x44607]
penso che in 2000 anni buttarla li con dio si e' fatto uomo [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635]
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[SM=x44635] [SM=x44635] [SM=x44635] idoli???????????????????????????????????????????????????????? [SM=x44635]
madonnina di lurdes,madonnina di fatima,madonnina nera,madonnina rossa, madonina viola, e poi tutte le madonnine non me le ricordo [SM=x44607] san tizio, san caio, san sempronio, ecc.ecc. [SM=x44607] [SM=x44607]
[SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44606] [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44605] [SM=x44605]
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[SM=x44597] bestion in caso di scolo che santo mi consigli [SM=x44600]
[SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602]
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Bestion., 16/06/2011 09.29:








gogliardicamente [SM=x44599]
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17/06/2011 16:57
 
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Un nuovo giorno
Gianfranco Ravasi

Svegliandomi al mattino, sorrido.

Ho davanti a me una giornata nuova di zecca. Noi la guardiamo come una pagina d-agenda, segnata da una cifra e da un mese. La trattiamo alla leggera come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore inestimabile di un solo nostro giorno.Del 2002 abbiamo già consumato 246 giorni e ce ne rimangono ancora 119.

Così leggo, sotto la data odierna della mia agenda. Di questo scorrere veloce del tempo non ci preoccupiamo, anzi abbiamo coniato l-espressione «ingannare il tempo» non tanto per cercare di strappargli qualcosa di più, quanto piuttosto per bruciarlo più in fretta. Proprio in un libretto intitolato Ingannare il tempo (ed. Ancora) trovo la bella riflessione di Madeleine Delbrêl (1904-1964), una straordinaria mistica francese vissuta, però, nei quartieri operai miseri della periferia parigina.

Il suo è un invito a scoprire non solo il valore del tempo ma anche l-essere scrigno di un mistero: in esso, infatti, s-annida una scintilla di eternità. E questo non solo perché Cristo, incarnandosi, ha deposto un seme divino nella nostra creaturalità, ma anche perché è qui e ora che noi costruiamo il destino futuro di luce o di tenebra, di gloria o di silenzio. Il salmista ci invita ogni giorno a pregare così: «Signore, insegnaci a contare i nostri giorni e avremo la sapienza del cuore» (90, 12).

Ogni nuovo giorno è stato per noi pensato da Dio fin dall-eternità e in sé racchiude un piccolo mistero di salvezza.



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Bestion., 17/06/2011 16.57:



Un nuovo giorno
Gianfranco Ravasi

Svegliandomi al mattino, sorrido.



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[SM=g48586] e fu sera e fu' mattino [SM=x44606] [SM=g48586]
bestion come tu sai la voce del suo popolo e' una [SM=x44598] hai aiutato il suo popolo?? ho lo hai imitato sapendo naturalmente cosa fare [SM=x44599] [SM=x44605]
la voce di uno come ben sai e trina [SM=x44598] hai te o chi per te ha per caso giudicato??? criticato??? offeso??? [SM=x44598] allora buona giornata [SM=x44599] [SM=x44600] [SM=x44600]
[SM=g48586] [SM=g48586] [SM=g48586] [SM=g48586] [SM=g48586]
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19/06/2011 10:17
 
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Dio basta
Gianfranco Ravasi

Accontèntati del Dio della tua vita e taci. Se a qualcuno non basta Dio, quale altra realtà potrà mai bastargli nella comunità, nel mondo?

E' stato il maggior teologo protestante del Novecento, Karl Barth, nato nella città svizzera di Basilea nel 1886 e là morto nel 1968. Un parroco della diocesi di Milano ha scelto e mi ha inviato queste poche e semplici parole di quel teologo - tratte dalla sua Introduzione alla teologia evangelica (Paoline) - e io le propongo per questa meditazione domenicale. Sarebbe bello se, almeno in questo giorno festivo, il cristiano entrasse in chiesa non per chiedere qualcosa ma solo per ascoltare Dio, non per sperare in una grazia ma solo per lodare la grazia divina che si effonde in lui e nell'umanità, non per trovare una soluzione ai propri travagli ma solo per scoprire una presenza.

E' facile sentire nelle parole di Barth l'eco di un celebre canto di s. Teresa d'Avila, Nada te turbe, messo in musica recentemente da mons. Marco Frisina e cantato da Mina: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla. Basta solo Dio. Tutto passa, Dio non cambia- Nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio, solo Dio basta». In realtà, noi ci aggrappiamo a tante cose; cerchiamo di colmare il nostro spirito con piaceri, emozioni, avventure, presenze. E sempre si avverte un vuoto, una fame, una sete, una domanda, un'attesa. E' questo il segno di ciò che ben esprimeva Pascal:

«L'uomo supera infinitamente l'uomo», cioè ha oltre se stesso l'ultima risposta.



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Bestion., 19/06/2011 10.17:



Dio basta
Gianfranco Ravasi






[SM=x44607] sono andato a vedere in rete sul wikizionario la parola "basta" [SM=x44607] [SM=x44607] [SM=x44607] [SM=x44607] [SM=x44598]
[SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602]
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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
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Bestion., 05/02/2011 15.00:




«Io, quando sarò elevato da terra,
attirerò tutti a me»
(Gv 12, 32)



[SM=x44599] mi raccomando bestion il tuo polacco (......) [SM=x44600] tienilo ben sollevato [SM=x44603] [SM=x44598] [SM=x44599] [SM=x44600]
[SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600]
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


Perdere
Gianfranco Ravasi

Nella vita perdere è più necessario che acquistare. Bisogna vivere senza stancarsi, guardando avanti.

Ero molto giovane quando lessi nell'edizione Feltrinelli quel Dottor -ivago che poi sarebbe diventato un caso politico, con la forzata rinuncia da parte del suo autore, Boris Pasternak, al Premio Nobel nel 1958, e un emblema quasi popolare, soprattutto con l'omonimo film di David Lean del 1965 con la celebre colonna sonora del «Tema di Lara».
Devo, però, confessare che in seguito fui ancor più conquistato dalle poesie di questo scrittore moscovita morto nel 1960. Cito a memoria questi versi dell'Orto del Getsemani: «Scenderò nella bara e il terzo giorno risorgerò. / Come le zattere discendono i fiumi, / così, come chiatte in carovana, in giudizio, da me / affluiranno i secoli dall'oscurità».

La grandiosa figura di Cristo, verso cui convergono appunto i secoli della storia, occhieggia spesso anche in altre pagine, come nelle righe dell'Autobiografia che oggi ho citato. Si sentono, infatti, le parole di Gesù: «Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà» (Matteo 10, 39).
È una legge assurda in economia ove impera l'acquistare, ma è decisiva nella spiritualità ove è il dono che arricchisce. E Pasternak prosegue evocando la metafora giovannea (12, 24) del chicco di grano che, solo morendo, produce molto frutto.

È il lasciare casa, terra, paese, come fa Abramo, che offre un nuovo orizzonte. Una lezione che si mette di traverso all'imperativo contemporaneo del possesso, della custodia intransigente della proprietà, dell'avere che è privilegiato rispetto all'essere. A memoria vorrei citare i versi di un altro grande poeta, Eliot, lasciandoli alla vostra meditazione:

«Dov'è la vita che abbiamo perso vivendo? Dov'è la sapienza che abbiamo perso nel sapere tante nozioni?».



Fonte -


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[SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] bestion cose' uno "scandalo"?????????????? [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613]
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paul_65, 23/06/2011 16.28:

[SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] bestion cose' uno "scandalo"?????????????? [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613]
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[SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] forse non mi sono espresso bene [SM=x44600]
non intendo "i preti pedofili" [SM=x44600] cosa dice il "libro" o i giornali che leggi tu (prendiamone uno a caso bestion [SM=x44599])a riguardo del tema [SM=x44600] [SM=x44598] [SM=x44599]
[SM=x44599]
ps
[SM=x44611] [SM=x44611] [SM=x44611] aspetta un po'!!!!!!!! ma non e' che il polacco costuttore del futuro !!!!!!!!! [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] (tutto sto potere [SM=x44605] [SM=x44605] )bestion (ma per chi?????????????????)

[SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598]
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25/06/2011 11:37
 
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Condannati a ripetere
Gianfranco Ravasi

Quelli che non sanno ricordare il passato sono condannati a ripeterlo.

«L'esperienza è un pettine che la natura dona ai calvi». L'antica ironia cinese si rivela folgorante in questa immagine destinata a illustrare l'ottusità umana che considera la saggezza acquisita con le prove della vita non come una guida per il presente, ma semplicemente come «un regalo utile che non serve a niente», per usare la definizione di un autore occidentale, Jules Renard.
Siamo, così, condotti verso l'asserto che oggi propongo, desumendolo da quell'originale opera in cinque parti, pubblicata nel 1905-1906 dal filosofo statunitense (ma nato a Madrid nel 1863 e morto a Roma nel 1952), George Santayana, col titolo La vita della ragione, opera dedicata appunto alla conoscenza umana e ai suoi processi.

Chi non conserva la lezione ricevuta attraverso le esperienze della vita è inesorabilmente destinato a inciampare di nuovo in errori e fallimenti. Purtroppo la storia conferma la tesi opposta e l'umanità spesso dissolve nell'oblio il passato e si ripresenta implacabile sugli stessi abissi, pronta a precipitarvi. Ecco perché il ricordo diventa fondamentale proprio per il progresso e non tanto per la conservazione. Con l'eredità di sapienza e di insipienza che abbiamo ricevuto dal passato noi possediamo come una fiaccola che dirada l'oscurità incerta del futuro.

E invece la smemoratezza contemporanea è convinta che, senza lo scrigno del ricordo, si possa procedere più spediti. In realtà, si avanza in modo frenetico e schizofrenico e si inciampa in equivoci, in abbagli, in spropositi che già erano stati vissuti, identificati e bollati nella storia che sta alle nostre spalle. Ma, in positivo, si perdono anche tutti i valori, le intuizioni, le creazioni che un passato nobile ci ha lasciato come patrimonio.

È curioso notare che per la Bibbia "ricordare" è il verbo della fede e della vita e "dimenticare" è il vocabolo dell'apostasia e della morte.



Fonte -


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25/06/2011 18:00
 
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[SM=x44599] guarda bestion che non e' la storia infinita [SM=x44603] [SM=x44600]
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26/06/2011 18:08
 
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I letti ben fatti
Gianfranco Ravasi

L'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova su un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello; e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato nel nuovo, comincia, pigiando, a sentire, qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo che lo preme: siamo, in somma, a un di presso, alla storia di prima.

Avete, certo, tutti indovinato di chi sia questa considerazione: siamo in pratica all'ultima pagina dei Promessi Sposi (cap. 38) e Manzoni, con l'immagine dell'infermo e dei letti, centra due aspetti fondamentali dell'umanità.
Da un lato, c'è la fragilità costitutiva e radicale della creatura umana, un «infermo» che percepisce il suo limite, la sua impotenza, la sua realtà vera. D'altro lato, c'è però la sua altrettanto costitutiva e radicale insoddisfazione e scontentezza. Il desiderio, pur legittimo, di mutare stato si nutre di illusioni e alla fine precipita in delusione. Sboccia, così, la pianta maligna della gelosia e dell'invidia.

Un proverbio tedesco dichiara che «la felicità e l'arcobaleno non si vedono mai sulla propria casa, ma solo su quella del tuo vicino». La capacità di accettarsi, il realismo della situazione, la serenità nella semplicità sono merce rara, tant'è vero che la società, anche attraverso la pubblicità, crea continuamente miti, costringendo a rincorrere fantasmi di felicità. Per questo, di fronte alla frustrazione dei sogni, si piomba nel pessimismo, nello scoraggiamento e persino nella ribellione. Riflettiamo su questa frase dello scrittore tedesco Ludwig Börne (1786-1837):

«Si è scontenti perché pochi sanno che la distanza tra uno e niente è più grande che tra uno e mille».



Fonte -


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26/06/2011 23:51
 
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Bestion., 26/06/2011 18.08:



I letti ben fatti


Un proverbio tedesco dichiara che «la felicità e l'arcobaleno non si vedono mai sulla propria casa, ma solo su quella del tuo vicino».




[SM=x44599] ma cosa gli ne puo' fregare ad un "Uomo" [SM=x44598] [SM=x44598]
[SM=x44599] [SM=x44600] voglio questo !!!! no allora nemico [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600]
ma sai bestion e' amore [SM=x44598] tutto sommato non ci fa' niente [SM=x44603] [SM=x44598] [SM=x44598]
[SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602] [SM=x44602]
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27/06/2011 00:07
 
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[SM=x44613] [SM=x44613] non trovi bestion che in tutta la storia manca qualcosa?????????? [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44598] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600] [SM=x44600]
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27/06/2011 10:42
 
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