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La presenza di Dio

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2020 09:44
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11/12/2010 16:16
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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14/12/2010 10:50
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!




Il fratello del Papa e "la fede dei piccoli":
«Pietà popolare e gioventù vanno d’accordo?
La pietà liturgica ha bisogno di essere completata dalla pietà popolare»




«La pietà popolare è un tesoro della Chiesa, ci avvicina a Gesù Cristo.
Dico questo pensando proprio ai giovani: è tanto più importante opporsi
in modo buono e appropriato alla rimozione della Pietà Popolare»



La fede afferra
l'uomo intero

Georg Ratzinger

La breve e intensa apologia della religiosità popolare pubblicata qui sotto è stata scritta da monsignor Georg Ratzinger, 87 anni il prossimo 15 gennaio, fratello di tre anni maggiore di Joseph, oggi Papa Benedetto XVI. Si tratta della prefazione scritta appositamente per un volumetto edito dalla LEV, Libreria editrice vaticana, dal suggestivo titolo "La fede dei piccoli" (pp. 120, euro 12), opera della principessa Elisabeth von Thurn und Taxis con postfazione di monsignor Wilhelm Imkamp, che verrà presentato dalla stessa autrice domani nella Libreria Internazionale Paolo VI di via di Propaganda Fide a Roma. Monsignor Georg Ratzinger, che venne ordinato sacerdote insieme al fratello il 29 giugno 1951 nel Duomo di Frisinga – nel 2011 quindi ricorrerà il 60° anniversario – è stato Maestro di Cappella del Coro del Duomo di Ratisbona dal 1964 al 1994. (Gia.Card.)

Pietà popolare e gioventù vanno d’accordo? I giovani, possono farsene ancora qualcosa della processione del Corpus Domini, dei pellegrinaggi mariani o della venerazione delle reliquie? Sì, possono! E c’è un bel libro, «La fede dei piccoli», che ne è la prova. L’autrice, Elisabeth von Thurn und Taxis, è una giovane donna moderna. Cresciuta a Ratisbona, è andata a scuola a Londra, ha studiato a Parigi e ha vissuto a New York: nel mondo è di casa.

Tanto più positivo è il fatto che una come lei si occupi di pietà popolare. Infatti oggi si scrive ben poco su questo tema. E poi la pietà popolare è in certo qual modo messa ai margini dalla pietà liturgica. Quest’ultima è naturalmente molto importante. Ma la pietà liturgica ha bisogno di essere completata dalla pietà popolare alla quale alcuni guardano invece con una certa alterigia. Perché, invece, la devozione popolare appartiene in modo primario alla nostra fede? La risposta è molto semplice: ciò che è particolarmente bello nella fede cattolica sono gli elementi che ne sollecitano i sensi. La nostra fede non si limita alla preghiera, all’interiorità e alla razionalità. La nostra fede afferra l’uomo intero. Tutto l’uomo è chiamato alla santità, e così egli deve tendervi attivamente con tutti i suoi sensi.

Molti sacerdoti aspirano ad essere "moderni", "al passo coi tempi ", per usare solo alcune tra le espressioni oggi più in voga. Credono che la pietà popolare sia qualcosa di superato e, passo dopo passo, la espellono dalla vita della Chiesa. Il protestantesimo ha già abbandonato questa forma di pietà. Per i cristiani evangelici la Chiesa è presente unicamente lì dove si prega e dove vengono amministrati i sacramenti. Ma così si dimentica che la Chiesa è una realtà sempre presente che riempie tutta la nostra vita e che aspira a coinvolgerla integralmente. Purtroppo una simile tendenza ha cominciato a prender piede anche tra noi cattolici. Ci accorgiamo, però, che lì dove viene praticata solo una "religione razionale", la fede perde forza e, prima o poi, scompare del tutto.

La fede non è un fatto solamente razionale; necessita anche di espressioni semplici e veraci, presenti sin dall’inizio e delle quali l’uomo avrà sempre bisogno. Proprio per noi cristiani esse sono fondamentali.
La pietà popolare è un tesoro della Chiesa. Ed allora è tanto più importante opporsi in modo buono e appropriato alla sua rimozione. Dico questo pensando proprio ai giovani. Ben presto si accorgerebbero di cosa ha perso la nostra fede se non la si potesse più "toccare con mano", se non coinvolgesse più l’uomo intero.

In Baviera, la mia terra, la pietà popolare ha da sempre un ruolo importante. Ai bavaresi l’elemento puramente razionale importa meno. Per essi in primo piano sta ciò che è percepibile con i sensi. Per questo in Baviera la pietà popolare ha un posto particolare nella vita religiosa delle persone. Certo, oggi a causa della grande mobilità dei singoli diviene più difficile mantenere in vita tradizioni preziose. E tuttavia, più la vita diviene frenetica, più gli uomini hanno bisogno della loro patria, dei propri riti e usi. Per questo è tanto importante che la pietà popolare continui a essere curata e alimentata con entusiasmo, così che possano goderne anche le generazioni future. La fede rimane viva solo se si rivolge a tutto l’uomo. E questo è il messaggio che rivolgo ai giovani cristiani di oggi. E così sono particolarmente contento del fatto che una giovane donna moderna, una giovane scrittrice, la voglia far conoscere e amare proprio alla sua generazione, mostrando questo: la pietà popolare ci avvicina a Gesù Cristo.


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15/12/2010 13:58
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!



Meditazione d'Avvento di padre Christian,
martire con altri sei suoi confratelli:




Pochi mesi prima di essere sequestrato, Christian de Chergé - priore del monastero cistercense
della stretta osservanza Notre-Dame de l'Atlas a Tibhirine, in Algeria - nella seconda domenica di Avvento
tenne l'omelia. Era il 10 dicembre 1995, giorni di attesa dell'Altro, di timori, di speranza nella misericordia
di Dio e di coraggio. Il 27 marzo successivo padre Christian e sei confratelli vennero sequestrati e il 21 maggio
furono uccisi. Dal testo frammentario della meditazione, ora compreso nella raccolta di omelie L'Autre que nous attendons
(Editions de Bellefontaine, pagine 583, euro 28), pubblichiamo in una traduzione di Ferdinando Cancelli la parte centrale


L'attesa dell'Altro
di Christian de Chergé

Coraggio anche di accettare l'altro così com'è, là dove si trova, con le sue ricchezze, i suoi limiti, le sue originalità, senza sognarlo su misura di ciò che siamo noi o di ciò che desidereremmo che lui fosse. La fiducia deve prevalere, anche se ci fosse posto il dubbio. È ancora Giovanni il Battista che, dalla sua prigione, manderà a domandare a Gesù: "Sei tu colui che deve venire? Questo Messia che noi immaginavamo diverso? Oppure dobbiamo attenderne un altro?".

Il coraggio, di fatto, di non essere che acqua quando l'altro è fuoco. Senza cercare di spegnere il fuoco come potrebbe fare l'acqua. Senza temere che il fuoco venga a farmi evaporare: non è là per questo!
Prima di questo paradiso descritto con immagini profetiche da Isaia, prima dell'instaurazione definitiva del Regno che si avvicina, dove noi comprenderemo infine tutti i perché delle nostre differenze (cfr. Corano, 5, 48), ecco il tempo dell'attesa dell'Altro. Ed è innanzitutto il tempo della misericordia: sta a noi di accoglierlo con gratitudine dal Totalmente Altro, come oscuri testimoni di una differenza, quella che Gesù introduce venendo nel mondo, luce nelle nostre tenebre.

Lo Spirito di saggezza e di fortezza, di consiglio e di discernimento, di conoscenza e di timore del Signore presiede su questa differenza verso la quale orienta tutte quelle degli altri, e la mia propria, nell'attesa dell'Altro: differenza, mia speranza! Sì, veramente, Signore tu sei l'altro che noi attendiamo!



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17/12/2010 13:37
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


Terza predica d'Avvento
tenute da padre Cantalamessa




«Razionalismo, secolarismo e scientismo ateo, contribuiscono
ad allontanare tanta parte della cultura moderna dal Vangelo»



Solo l’amore apre il cuore di chi fa
della ragione un idolo

S.C.

Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto stamani nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, la sua terza ed ultima predica d’Avvento alla presenza del Papa e della famiglia pontificia. Il religioso cappuccino ha parlato del razionalismo, che insieme allo scientismo ateo e al secolarismo, contribuisce ad allontanare tanta parte della cultura moderna dal Vangelo.

Di fronte a quanti fanno della ragione un vero e proprio idolo, il predicatore della Casa pontificia ha affermato che la strada migliore per annunciare Gesù, più che un argomentare razionale di senso opposto, è la concreta esperienza cristiana. Solo la testimonianza vissuta della carità può fare breccia nel cuore dei razionalisti.

“La verità – ha detto padre Cantalamessa citando il Beato Newman – è rimasta salda nel mondo non per virtù di un sistema, non grazie a libri o argomentazioni, non per merito del potere temporale, ma grazie all’influenza di uomini” che con la loro vita rendono visibile l’amore di Dio.


Fonte -




















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17/12/2010 14:03
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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17/12/2010 22:44
 
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18/12/2010 15:00
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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21/12/2010 14:30
 
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21/12/2010 16:59
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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22/12/2010 22:22
 
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22/12/2010 23:14
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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23/12/2010 13:32
 
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23/12/2010 19:19
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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24/12/2010 10:51
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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24/12/2010 15:16
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


Quando cambiò la storia di Pietro?
Quando il suo sguardo si incontrò con lo sguardo di Gesù



“Gesù Cristo consegna a San Pietro le chiavi della Chiesa”
Pietro Perugino (1481-1482) - Cappella Sistina, Città del Vaticano


«Pietro è diventato Kefas e oggi la sua testimonianza continua nella Chiesa
e continuerà fino alla fine, perché Uno che poteva dirlo, ha detto:
"Io su questa pietra fonderò la mia Chiesa e le porte del Male,
le porte della cattiveria, non vinceranno"
L’ha detto Lui, il Signore dell’Universo. E ci si può credere,
come c’ha creduto Pietro»



L’Onnipotenza di Dio
è l’Onnipotenza dell’Amore

Angelo Comastri

La Provvidenza di Dio, senza alcun mio merito, mi ha chiamato a vivere nella Basilica di San Pietro, dove Pietro ha consumato il martirio della sua fedeltà e ha versato il suo sangue: per questo lì c’è la Basilica, per questo lì vive il Papa, per questo lì c’è il Vaticano, soltanto per quel sangue versato, tutto parte da lì. Ebbene, vorrei aggiungere una parola proprio su Simone, il pescatore Simone, al quale Gesù volle affidare in modo chiarissimo la fatica indispensabile di essere guida del suo gregge nella verità e nella carità, perché essere guida è una fatica, è un servizio.

E per questo Gesù cambiò il nome a Simone, e gli disse: ‘Tu sarai chiamato Kefas’, che vuol dire pietra, roccia. Ma ecco la riflessione che vorrei consegnarvi: Simone non aveva le caratteristiche della roccia; Simone era un impulsivo, Simone era un fragile, eppure Gesù ha voluto proprio lui. Pensate che Simone è l’apostolo che più di tutti ha cercato di contrastare la grande notizia che Gesù portava nel mondo con la Sua vita, la notizia che Dio è Amore e pertanto l’Amore è la forza che vince il Male. E alla fine, evidentemente, sarà la forza che vincerà la cattiveria del mondo. Ma è una notizia sconvolgente, rivoluzionaria. Pietro tentò di ribellarsi quando Gesù annunciò la prima volta la Passione. Pietro addirittura si scandalizzò quando vide Gesù lavare i piedi: in quel gesto non riconobbe più Dio, non gli sembrava degno di Dio, quel gesto, tant’è vero che gli disse: ‘Tu non mi laverai i piedi in eterno!’.

E Gesù gli rispose: ‘Guarda che se non accetti questo volto di Dio, tu ti metti contro Dio, perché Dio è così’. Pietro ebbe paura, e gli disse: ‘Lavami pure tutto’, ma ancora non aveva capito. Venne il momento della Passione. Pensate, il Figlio di Dio, il Creatore dell’Universo, Colui che ha ordinato: ‘sia la luce e la luce fu’, Colui che ha creato le stelle, Colui che con il dito muove l’Universo, processato davanti a un Tribunale. Pietro, in quel momento, non ci vide più, non riconobbe più Dio in quel pover’uomo processato. Tant’è vero che quando gli dissero: ‘Ma tu eri con quello’, lui esclamò: ‘No, no, no, assolutamente no, io non lo conosco neppure!’. E veramente non lo conosceva: non aveva capito ancora niente. Quando cambiò la storia di Pietro? Quando il suo sguardo si incontrò con lo sguardo di Gesù. E in quello sguardo, Pietro ci vide lo sguardo di Colui che aveva detto al vento ‘taci’, e il vento tacque; che aveva detto al mare ‘fermati’, e il mare si fermò; che aveva detto a Lazzaro, morto da tre giorni, esci fuori dal sepolcro, e Lazzaro ‘uscì’. In quello sguardo, Pietro vide soprattutto il dono dell’Amore, il dono del perdono, e si convinse in quel momento che l’Amore è davvero l’Onnipotenza di Dio, e così credette.

In quel momento, Pietro diventò il discepolo; in quel momento, Pietro diventò l’Apostolo. Gesù gli confermò la Sua fiducia dopo la Risurrezione, ma viene da domandarsi perché abbia scelto questo Apostolo così tormentato: per dirci che tutti, nella Chiesa, siamo chiamati a fare la stessa conversione di Pietro - tutti! -, ogni giorno, perché anche noi dubitiamo che l’Amore sia la forza che vince il Male.

Eppure, guardate, vi cito alcuni episodi. Notte tra il 5 e il 6 luglio 1902. Una ragazzina sta morendo con 14 ferite nel corpo nell’Ospedale di Nettuno. E’ figlia di povera gente, si chiama Maria Goretti. Un giovane, Alessandro Serenelli, l’ha aggredita. Ebbene, in quella notte terribile, quella bambina, con 14 pugnalate nel corpo date con il punteruolo che suo padre utilizzava per impagliare le sedie, ha il coraggio di dire: ‘Perdono il mio assassino e voglio che sia con me in Paradiso’. Chi, l’assassino? Pensate: quel perdono ha vinto l’assassino!
Alessandro Serenelli, l’ha raccontato lui stesso, venne più volte tentato di suicidarsi, e il Padre cappuccino che gli è stato accanto, a Macerata, mi ha raccontato che, anche vecchio, la notte, talvolta, gridava e andava dal Frate che gli stava accanto e gli diceva: ‘Vedo sangue nelle mie mani, mi assolva ancora una volta!’. Alessandro Serenelli non si è suicidato perché si è aggrappato al perdono.

La vittima ha vinto! 14 agosto 1941. Nel campo di concentramento di Auschwitz, muore Massimiliano Kolbe. Sembrava uno sconfitto, un povero frate calpestato, schiacciato, messo nel bunker della fame. Ma quando Giovanni Paolo II fece il suo primo viaggio in Polonia, visitò Auschwitz e affermò: ‘Massimiliano Kolbe, tu hai vinto la seconda guerra mondiale!’. Nessuno si ricorda più del fuhrer, nessuno si ricorda più quale sia il suo nome: tu hai vinto, perché in questo luogo di odio hai seminato Amore!’. San Massimiliano Kolbe ha creduto come Pietro che l’Onnipotenza di Dio è l’Onnipotenza dell’Amore. 15 settembre 1993.

A Palermo, due assassini aspettano Don Pino Puglisi; lo aspettano sotto casa dopo una giornata di lavoro trascorsa per gli altri, rischiando la vita perché faceva il bene. Si presentano questi due killer e uno gli punta la pistola alle spalle: ‘Fermati!’. Don Pino si gira, pronuncia soltanto una parola: ‘Me l’aspettavo’, e fa un bellissimo sorriso. L’altro spara, ma dopo un po’ di tempo, confessa: ‘Quel sorriso mi ha sconfitto. In quell’istante io capii che l’amore vinceva la mia cattiveria, e se oggi ho una speranza, è aggrappata a quel sorriso. 5 settembre 1997. Muore Madre Teresa di Calcutta. Dopo alcuni giorni c’è il funerale. Io dovevo andare, ma non potei; tuttavia, volli seguire tutto l’evento in televisione. E ancora una volta ho visto la verità ché l’Amore vince il Male: Capi di Stato di quasi tutto il mondo, re e regine, principi e principesse, e una povera suora, un’umile suora, in quel momento gridava con la sua vita che l’Amore vince l’odio, che l’Amore è l’unica forza che può trasformare il mondo.

Pietro c’ha creduto nel momento drammatico della Passione. E per questo è diventato Kefas e oggi la sua testimonianza continua nella Chiesa e continuerà fino alla fine, perché Uno che poteva dirlo, ha detto:’Io su questa pietra fonderò la mia Chiesa e le porte del Male, le porte della cattiveria, non vinceranno’. L’ha detto Lui, il Signore dell’Universo. E ci si può credere, come c’ha creduto Pietro.


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24/12/2010 17:01
 
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24/12/2010 17:27
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


Il Natale nella tradizione siro-occidentale



«Gli anziani proclamavano: Benedetto il bimbo che ha ringiovanito Adamo!
Lui era triste al vedersi invecchiato e consunto.
Benedetto il bimbo grazie al quale sono tornati giovani Adamo ed Eva!»



Quel bimbo che ringiovanisce
Adamo ed Eva

di Manuel Nin

L'anno liturgico siro-occidentale celebra la "nascita di nostro Signore nella carne" dal 25 dicembre al 5 gennaio, con due feste: il 26 quella delle Congratulazioni alla Madre di Dio e il 1° la festa della Circoncisione del Signore. I diversi testi della festa sottolineano con immagini molto vive e contrastanti questo mistero del Verbo eterno di Dio, "il primo e l'ultimo, Dio e uomo, velato e manifesto; tu che mandi la pioggia e la rugiada sulla terra, adesso la figlia dell'uomo ti nutre con delle gocce di latte; tu che siedi su un trono di gloria e fai muovere tutte le cose, adesso gattoni a Betlemme come un bimbo".

Efrem il Siro, nella sua raccolta di inni sulla natività di Cristo, enumera, come in una processione davanti alla grotta di Betlemme, tutti coloro che coi loro doni annunciano i misteri della redenzione adoperata da Cristo stesso. I primi sono i pastori che "vennero a portare beni del gregge: latte dolce, carne pura, belle lodi. Divisero e diedero: a Giuseppe la carne, a Maria il latte, e al Figlio la lode. Portarono e offrirono un agnello da latte all'Agnello pasquale, un primo nato al Primogenito, un sacrificio al Sacrificio, un agnello transitorio all'Agnello vero".

Alla processione verso la grotta, Efrem fa accorrere anche giovani e vergini, anziani e vedove. E la presenza di tutte le schiere, specialmente di vedove e anziani, è collegata da Efrem ad Adamo ed Eva, invecchiati nell'attesa dell'adempimento delle promesse e rinnovati dalla nascita di Cristo: "Gli anziani proclamavano: Benedetto il bimbo che ha ringiovanito Adamo! Lui era triste al vedersi invecchiato e consunto. Benedetto il bimbo grazie al quale sono tornati giovani Adamo ed Eva!".

Alla grotta accorrono anche agricoltori, vignaioli e carpentieri che profetizzano il mistero del bambino neonato: "Vennero gli agricoltori e si prostrarono di fronte all'agricoltore della vita e profetizzarono: Benedetto l'Agricoltore dal quale sarà lavorata la terra del cuore! Vennero i vignaioli e diedero gloria al germoglio spuntato dalla radice di Iesse, grappolo vergine della vigna assetata. Vennero i carpentieri a motivo di Giuseppe presso il figlio di Giuseppe: Benedetto il tuo Figlio, il capo dei carpentieri, grazie al quale fu disegnata anche l'arca. Fabbrica un giogo leggero e dolce per coloro che lo portano".

E intorno alla grotta si affollano anche i bambini, compagni di gioco di Cristo bimbo, e soprattutto testimoni della sua realtà messianica all'ingresso a Gerusalemme: "Gridarono i bambini: Benedetto colui che ci fu fratello e compagno nelle strade. Benedetto il giorno nel quale, con rami, daremo gloria all'albero della vita che ha chinato la sua altezza verso la nostra fanciullezza".

Nell'iconografia della festa, comune alle diverse tradizioni orientali e occidentali, il bambino nato viene fasciato e collocato in un sepolcro, Maria contempla il neonato, Giuseppe, in atteggiamento riflessivo, guarda la scena nel dubbio, due donne lavano il bambino in una vasca che rappresenta un catino battesimale e, in alto, gli angeli annunciano la nascita di Cristo ai pastori e ai magi.


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24/12/2010 23:57
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!







Tu scendi dalle stelle
testo e musica di Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1754)


Tu scendi dalle stelle
o Re del cielo
e vieni in una grotta al freddo e al gelo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo.

O Bambino mio divino
io Ti vedo qui a tremar.
O Dio beato
ah quanto ti costò l'avermi amato,
ah quanto ti costò l'avermi amato.


A Te che sei del mondo
il Creatore
mancano panni e fuoco, o mio Signore,
mancano panni e fuoco, o mio Signore.

Caro eletto Pargoletto
quanto questa povertà
più m'innamora
giacchè ti fece amor povero ancora,
giacchè ti fece amor povero ancora.


Tu lasci del Tuo Padre
il Divin Seno
per venir a penar su poco fieno,
per venir a penar su poco fieno.

Dolce amore del mio cuore
dove amor ti trasportò
o Gesù mio.
Perchè tanto patir? Per amor mio!
Perchè tanto patir? Per amor mio!


Ma se fu Tuo volere
il Tuo patire
perchè vuoi pianger poi, perchè vagire?
Perchè vuoi pianger poi, perchè vagire?

Sposo mio amato Dio,
mio Gesù t'intendo sì,
ah mio Signore!
Tu piangi non per duol ma per amore!
Tu piangi non per duol ma per amore!


Tu piangi per vederti
da me ingrato
dove sì grande amor, sì poco amato!
Dove sì grande amor sì poco amato!

O diletto del mio petto,
se già un tempo fu così,
or Te sol bramo!
Caro, non pianger più, ch'io t'amo, t'amo!
Caro, non pianger più, ch'io t'amo, t'amo!


Tu dormi o Gesù mio,
ma intanto il cuore
non dorme, no, ma veglia a tutte l'ore.
Non dorme, no, ma veglia a tutte l'ore.

Deh, mio bello e puro agnello,
a che pensi dimmi tu?
O amore immenso!
A morire per te, rispondi, io penso.
A morire per te, rispondi, io penso.


Dunque a morire per me,
Tu pensi o Dio:
e chi altro, fuor di Te, amar poss'io?
E chi altro, fuor di Te, amar poss'io?

O Maria speranza mia,
se poc'amo il Tuo Gesù,
non Ti sdegnare!
Amalo Tu per me, s'io nol so amare!
Amalo Tu per me, s'io nol so amare!





















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25/12/2010 14:12
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!







Astro del ciel
testo di Joseph Mohr (1816)
musica di Franz Xaver Gruber (1818)



Astro del ciel
Pargol divin
mite Agnello Redentor!
Tu che i Vati da lungi sognar
Tu che angeliche voci nunziar
luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!
Luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!


Astro del ciel, Pargol divin
mite Agnello Redentor!
Tu di stirpe regale decor
Tu virgineo, mistico fior
luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!
luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!


Astro del ciel, Pargol divin
mite Agnello Redentor!
Tu disceso a scontare l'error
Tu sol nato a parlare d'amor
luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!
Luce dona alle menti
pace infondi nei cuor!





















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26/12/2010 14:42
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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26/12/2010 15:08
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!

























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26/12/2010 23:23
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!






La carità è la forza che cambia il mondo:



così il Papa durante il pranzo con i poveri in Vaticano






























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Post: 5.080
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Sesso: Maschile
27/12/2010 00:21
 
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Re: ... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!
Bestion., 26/12/2010 23.23:



La carità è la forza che cambia il mondo:


così il Papa durante il pranzo con i poveri in Vaticano








































bhe!!! io senza offendere nessuno [SM=x44597] avrei messo come musica di sotto fondo "cu'mme" di murolo & mia martini [SM=x44597]
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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
27/12/2010 15:58
 
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... ecco perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti!


«Rallegratevi nel Signore, sempre;
ve lo ripeto ancora, rallegratevi»

(Fil 4, 4)



“Natività" (particolare)
Matthias Grunewald (1515) - Chiesa monastero degli Antoniti di Issenheim, Alsazia


«La gioia. Non quella scialba e triste delle circostanze fortunose
o delle soddisfazioni effimere, ma quella reale che penetra l’anima e ispira la vita:
è la gioia di sapere di non essere più soli perché Dio-è­-con- noi»



Sciogliamo le paure
Angelo Bagnasco

L’Apostolo Paolo invita i cristiani di Fi­lippi a gioire. È, la gioia, il desiderio di ogni uomo. Così come la vita e l’amore. E la festa di Natale evoca questi sentimen­ti nell’umanità intera, intensifica questi de­sideri, riaccende la nostalgia di questi beni. L’uomo – possiamo dire – è "nostalgia", espressione che raccoglie e manifesta tut­to ciò che di bello e di buono, di presente e di futuro, di tempo e di eternità, abita nel nostro cuore. Presente come realtà e come promessa: realtà che le nostre mani co­struiscono giorno per giorno; promessa perché l’esperienza ci insegna che non so­lo la vita e il bene sono segnati dallo scor­rere del tempo e che sempre sono incompiuti.

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Finito e incompiuto sembrano il de­stino fatale dell’umanità e del mondo, sembrano cifra di questo splendido e drammatico universo. Quanto più l’uomo scopre la precarietà di tutto, tanto più rie­merge e si rafforza il desiderio che si tin­ge di anelito e tensione - potremmo dire d’amore - e che si protende in avanti sapendo che la pienezza definitiva è un do­no davanti a noi. Il Natale, mistero dell’Incarnazione di Dio nella storia, è la risposta a questo strug­gente desiderio: dalla notte di Betlemme la Luce è apparsa nelle nostre tenebre, la Presenza è entrata nelle solitudini del mondo, così che nessuno sarà più dispe­ratamente solo. La vicinanza di Dio all’uomo è l’evento che – come un filo d’oro – attraversa tutto l’anno liturgico: dal Natale alla Pasqua alla Pen­tecoste. Ma nella notte santa quella pre­senza si tinge di umiltà e tenerezza.

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Quanto bisogno di umiltà e tenerezza! Quanto più il mondo è arrogante e duro, tanto più ha bisogno di incontrare umiltà e tenerezza. E Gesù Bambino ci viene in­contro proprio rivestito di questi abiti che ci richiamano all’essenziale, sciolgono le nostre paure, ci restituiscono la speranza. Dio è con te! Questo è il Natale. Non sei so­lo sotto i colpi della vita, nella ricerca del­la verità, nelle incomprensioni dei rappor­ti umani, davanti a responsabilità gravi. Non siamo soli!

Ci guardiamo intorno e non possiamo negare il momento difficile per l’occupazione, le famiglie, i giovani. La vi­cinanza di Cristo, Figlio di Dio, non risolve miracolosamente le prove, ma ci aiuta a guardarle in modo nuovo e ad affrontarle insieme e con fiducia. Insieme con Lui, e in­sieme tra noi: ecco la solidarietà cristiana. Andare incontro al Natale, lasciarci pren­dere dal suo segreto di luce, aprire il cuore alla divina presenza dell’Amore fatto uo­mo, genera la gioia. Non quella scialba e triste delle circostanze fortunose o delle soddisfazioni effimere, ma quella reale che penetra l’anima e ispira la vita: è la gioia di sapere di non essere più soli perché Dio-è­-con-noi

Davanti all’incanto del presepe, alla straordinaria poesia della piccola grot­ta, ci uniamo al cammino dei pastori e ci auguriamo un buon Natale.



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28/12/2010 01:21
 
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Re: perchè c'è ancora bisogno di santi e di preti?????
Bestion., 27/12/2010 15.58:



«Rallegratevi nel Signore, sempre;
ve lo ripeto ancora, rallegratevi»

(Fil 4, 4)






[SM=x44613] ho fatto due calcoli su complicate regole metaforiche trascendentali astofisiche [SM=x44599] [SM=x44598] ma!!!!!!non e' che alla cosa bianca di roma stanno usurpando il sediolone [SM=x44600] dal 1929??????? tu bestion che bazzichi l'ambiente di pace&comunione(mi pare [SM=x44597] ) ne sai qualche cosa??? [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613] [SM=x44613]


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non bisogna avere paura di un Popolo che non ha Potere ma di chi detiene il Potere di Quel Popolo
anche perché la MORTE non accetta una lira
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